domenica 19 aprile 2015

coserelle





18 minuti fa nei pressi di Roma

C'è stata la visionaria di Madugorje che ironizzando approva il Comune di Racalmuto che "dopo accertamento con esiti negativi" mi ha negato la mia residenza natia. Che debbo dirle: non è che ci abbia perso molto mi è rimasta quella ineguagliabile della "residenza romana", di Roma "splendore del mondo" ... a parte papa cicciu.
  http://www.youtube.com/watch?v=XxDMVdnwH74





Sabrina Ferilli Valerio Mastandrea Maurizio Mattioli Simona Marchini
 http://www.youtube.com/watch?v=JXYRy3NYaRE
 

Il CONFITEOR di un banchiere incallito

Qual è il confiteor di un grande banchiere incallito, ormai però giunto all’occaso se non della vita - Cesare Geronzi a 77 anni avrà ancora decine e decine di anni per imperversare - certo degli affari?
E’ lui stesso a sentirsi peccatore. E le sue confessioni dovrebbero dissimulare quelle di Sant’Agostino o filosofeggiare come un moderno Rousseau.
Diciamo ch...e noi ci attendiamo questo suo esplosivo libro da sei o sette mesi. Ora è uscito e ci troviamo a dovere centellinare ben 362 pagine di feltrinelliane confessioni, estorte a dire il vero da un non troppo benevolo Mucchetti.
E noi che per vecchia professione siamo portati a diffidare di tutti e di tutto, pensiamo che un danno enorme quel sapido testo l’ha già provocato. Uscito a ridosso di una importante seduta della Cassazione crediamo che abbia dato aire a giudici sgomenti dinanzi a tante protervie giuridiche per una “esemplare” condanna del pio Fazio, un tempo governatore a palazzo Koch. Non si poteva aspettare un paio di giorni? Perché tanta incontinenza?
Fuge rumores sospirava Baffi. Ma un pensiero pascaliano ebbe a soffiare nel cuore e nella mente del banchiere Geronzi: Sempre in balia dell'incertezza, spinto da un estremo all'altro, l'uomo sente la sua nullità, la sua disperazione, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua debolezza e salgono immediatamente dal profondo del suo cuore la noia, la melanconia, la tristezza, il cattivo umore, l'irritazione, la disperazione. (B. Pascal)
E volendo parodiare anche Rousseau soggiungiamo noi: Pur muovendo da impulsi disparati e con ragioni e scopi differenti, la maggior parte degli interpreti o seguaci di Rousseau hanno individuato nell’interesse per la politica la nota saliente della sua personalità: è lui [cioè Rousseau] stesso ad ammettere nelle sue Confessions che «tutto dipende radicalmente dalla politica» 11, in quanto un’organizzazione politica equa risolve il problema della teodicea, ridando così moralità alle azioni umane.
Bombardati dai giornali con i loro effetti annunci, ci siamo subito domandati a che tende il dottor Cesare Geronzi? Quale il suo obiettivo? Mughetti, pur nordico, è criptico: dopo si vedrà se vi sarà assonanza con il suo obiettivo: Non vi sarà mai, perché un giornalista è sempre colui che spiega bene agli altri quello che lui non sa, non comprende e spesso non vuol capire. Già, far luce su “trent’anni di potere, banche ed affari”. Ma è lui stesso a dirci che quella sua specifica (o speciosa) luce l’ha già irradiata con tre decenni di lavoro di giornalista.
Noi ci domandiamo: siffatti opposti obiettivi (Geronzi tenterà solo di assolversi o di condannare) stridono con le modeste nostre indagini? Le abbiamo fatte per incarico pubblico, le abbiamo sofferte per dissidenze etiche e politiche, le abbiamo propinate con la dissacrazione icastica che ci riviene dal piccolo borgo del sale e dello zolfo in cui siamo nati.
Sin d’ora noi lo sappiamo: giammai!
Abbiamo sbirciato il grosso volume. Ci colpisce innanzi tutto l’assenza di nomi eccellenti, di protagonisti sotto traccia, di citazioni giudiziarie, di risultanze ispettive, di provvedimenti amministrativi, di sentenze esemplari, di esiti giudiziari.
Qualche esempio: non troviamo Lucio Veneziani, non troviamo il dottor Somma, non troviamo esuli dalla consulenza legale della Banca d’Italia. La vicenda Sarcinelli viene sfiorata secondo le più consunte vulgatae. La storia del Banco di Sicilia, dell’Irfis, dell’Interfinanza sindoniana, tutto nelle brume di chi forse a ragione può dire: non ricordo, perché in effetti non protagonista. Il dottor Desario (scritto senza d minuscolo e senza aristocratica separazione) citato una sola vola. Dini non riusciamo a pescarlo neppure con la più dilatante lente di ingrandimento. E Gnudi? La Moscow Narodny London pare vi sia, ma sepolta chissà dove. Pare solo in una domanda dell’intervistatore.
In compenso, dilatate vicende forse più personali che emblematiche.
Divagazioni su pontefici, cardinali e in un punto su un papa in pectore, lasciano in ombra personalità quali il ministro Colombo.
Avrò di che pensare; avrò di che cercare di spiegarmi.
Quello che mi accora di più è che con questi rumores Fazio forse è definitivamente perduto alla cosa pubblica (ed è una grossa iattura). Geronzi che bene starebbe come ministro dell’economia subirà l’onta dileggiante che mi pare Repubblica anticipa. I reietti resteranno reietti ma i “correi” dell’odierno sbaraglio mediatico non avranno giustizia. Solo ulteriore motivo di gogna.
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Oriana Cammilli ha condiviso la foto di Amantes del Arte en el exilio.




...
Calogero Taverna E la ragione non può che esere che tua. In effetti a ben guardare ... ma io mi ero soffermato solo sull'espressione affranta che bella forse l era stata.



Oriana Cammilli ognuno vede ciò che vuole Calogero.. dai... comunque a me sembra di si.







Calogero Taverna Cecilia (da "I Promessi Sposi"di Alessandro Manzoni")
- traduzione libera in endecasillabi di Marco Candiani -

Illustrazione di Alberto Schiavii

Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.

STRANE ASSOCIAZIONI DI IDEE -- E cioè: annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosaVisualizza altro



Foto: Oriana Cammilli ha condiviso la foto di Amantes del Arte en el exilio.





 Calogero Taverna E la ragione non può che esere che tua. In effetti a ben guardare ... ma io mi ero soffermato solo sull'espressione affranta che bella forse l era stata.



 Oriana Cammilli ognuno vede ciò che vuole Calogero.. dai... comunque a me sembra di si.



 



Calogero Taverna Cecilia (da "I Promessi Sposi"di Alessandro Manzoni")
 - traduzione libera in endecasillabi di Marco Candiani -

 Illustrazione di Alberto Schiavii

 Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
 Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.

 STRANE ASSOCIAZIONI DI IDEE -- E cioè: annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa

 

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Il sabato tutto mariano come domenica tutta per il Signore. La reduce da Madugorje sabato scorso flirta con la cocotte di Osimo per vincere e stravincere una strana scommessa contro di me. Annuso quel loro femmineo linguaggio fatto di femmi...nee insolenze. La donna per me ora è il vero sesso forte ma credo che ancora la loro lingua è stridula vagula, alquanto scarna di materia grigia. Le mie amiche mi perdonino. Ma con quel che dico e quel che faccio, di amiche anche su FB me ne rimangono molto poche e naturalmente quelle che rimangono sono di eletto cervello, di concetto profondo e non certo tenace che sarebbe come dire di scervellata testardaggine (absit iniuria verbis caro Nanà). Queste donne ormai son aduse alle mie insulsaggini e quasi con sorriso materno mi sorreggono meglio di qualche visionaria madonna di Madugorje (codesta Vergine Madre poteva scegliere una località di più facile pronunciabilità per apparire alle poche elette per la milionesima volta).

Proprio sabato, andando al porto di Ottavia, mentre il duo clerical-cocotte tramava contro di me, ignaro, finisco in questa romana S. Maria in Portico. Non è che ci abbia badato molto, ma - tacti!!! - credo che lì la Madonna sia apparsa per la prima volta nella storia del mondo. Solo che allora, dovendo apparire a dei romani che di insulsi miracoli ne vedono tutti i giorni (non ultimi quelli promessi, non mantenuti, ma sbandierati da un tal Berlusconi nella quasi vicina via Arenula, presso un atavico maniero, il palazzo Artioli) bisognava andarci con i piedi di piombo o con incomparabili volti, ché di bellissime ragazze a Roma ce ne son state sempre tantissime, a parte la Romana di Moravia).

Roma -comunque - non può privarsi del privilegio ad ospitare per la prima volta la Madre di Dio, reduce su questa terra, dopo mezzo millennio dalla sua morte o se volete dall'assunzione in cielo; ne ha oltretutto diritto per chiudere una volta per sempre i conti con quel vigliacchetto e spergiuro Simon Pietro.

Dignitosamente ed arcanamente la Madre di Dio appare "come un improvviso bagliore" e tale resta anche in presenza del Pontefice crediamo per la bisogna molo bene agghindato.

Il papa " mosso da divino istinto si precipitò nella casa [di Gallia Patrizia] e dopo lunga orazione accompagnato da vescovi e cardinali e dal resto del clero e popolo romano si recò processionalmente a piedi, portando candele accese verso il Portico di Ottavia. Dove giunto entrò nella casa di Gallia e vide anch'egli la meravigliosa luce". Scrive nelle sue Memorie magari con prosa anchilosata e apostrofando un "uno" maschile dinanzi a vocale il P. Ludovico MARRACCI soggiungendo: "Avvenne tutto questo .. il 17 Luglio dell'anno del Signore 524".

Beh! noi di Roma le cose le sappiamo farle per benino e non antropizziamo la Madre di Dio come se fosse la nuova siciliana miss Italia. E sappiamo anche ridere delle visioni di quei furbastri francescani di Madugorje.

Sotto, la DOCUMENTAZIONE.Visualizza altro




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Vincoli parentali mi impediscono di essere esplicito, ma se qualche dubbio avevo, questa sera l'ultima torre di Gerico è caduta. Resto basito nel vedere fior di fascisti locali osannare neo comunisti plebiscitariamente eletti con un enplein libertario che manco Togliatti o Berllinguer nel fulgore del loro massimo successo poterono vantare. Vorrà dire che io - vetero comunista tutt'altro che pentit...o - mi candiderò a sindaco di Racalmuto con lista senza falce e martello magari un po' intrisa di sangue cardinalizio mussumulisi. Perderò? senza dubbio come credo che loro - scavalcatimi nel mio comunismo - perderanno. Così, è sicuro: il "neutrale" Borsellino stravince e forse manco il secondo posto avranno per mettere su ammucchiate nefande.Visualizza altro

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circa un'ora fa nei pressi di Roma

Vincoli parentali mi impediscono di essere esplicito, ma se qualche dubbio avevo, questa sera l'ultima torre di Gerico è caduta. Resto basito nel vedere fior di fascisti locali osannare neo comunisti plebiscitariamente eletti con un enplein libertario che manco Togliatti o Berllinguer nel fulgore del loro massimo successo poterono vantare. Vorrà dire che io - vetero comunista tutt'altro che pentit...o - mi candiderò a sindaco di Racalmuto con lista senza falce e martello magari un po' intrisa di sangue cardinalizio mussumulisi. Perderò? senza dubbio come credo che loro - scavalcatimi nel mio comunismo - perderanno. Così, è sicuro: il "neutrale" Borsellino stravince e forse manco il secondo posto avranno per mettere su ammucchiate nefande.Visualizza altro

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circa un'ora fa nei pressi di Roma

Ed io vi dico che sì, mi hanno detto che il Signore ebbe voce e disse parole come queste: "... venne un gran terremoto. Il sole diventò nero come un sacco di crine e tutta quanta la luna diventò come sangue; le stelle del cielo caddero sul...la terra come un fico lascia cadere i suoi frutti acerbi quando è scosso da vento impetuoso. Il cielo si ritirò come un rotolo che si riavvolge; tutte le montagne e tutte le isole vennero rimosse dal loro posto. I re della terra e i grandi, i tribuni i potenti e tutti i servi e liberi, si nascosero nelle caverne e tra le rocce delle montagne. E dicevano ai monti e ai massi: cadeteci addosso, nascondeteci dalla faccia di Colui che è assiso sul trono e dall'ira dell'agnello perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi potrà sostenersi?" [Apocalisse] Conturbante poesia? Certo! Ma è parola del SIGNORE? Ma se questa è poesia, quest'altra, solo frenesia insulsa: "Accogliete colui che è ancora debole nella fede e non discutete sulle opinioni. L'uno crede di poter mangiare di tutto; l'altro, che è debole, mangia solo legumi. Chi mangia non disprezzi colui che non mangia. E colui che non mangia non giudichi colui che mangia, poiché Dio lo ha bene accolto. Or, chi sei tu che ti permetti di giudicare il domestico altrui?."[Lettera di San Paolo] Strambo, no? Eppure sarebbe PAROLA DEL SIGNORE. Vi oppiano, vi atterriscono, vi ottundono. Reagite. Vivete.

Ed io vi dico che sì, mi hanno detto che il Signore ebbe voce e disse parole come queste: "... venne un gran terremoto. Il sole diventò nero come un sacco di crine e tutta quanta la luna diventò come sangue; le stelle del cielo caddero sulla terra come un fico lascia cadere i suoi frutti acerbi quando è scosso da vento impetuoso. Il cielo si ritirò come un rotolo che si riavvolge; tutte le montagne e tutte le isole vennero rimosse dal loro posto. I re della terra e i grandi, i tribuni i potenti e tutti i servi e liberi, si nascosero nelle caverne e tra le rocce delle montagne. E dicevano ai monti e ai massi: cadeteci addosso, nascondeteci dalla faccia di Colui che è assiso sul trono e dall'ira dell'agnello perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi potrà sostenersi?" [Apocalisse] Conturbante poesia? Certo! Ma è parola del SIGNORE? Ma se questa è poesia, quest'altra, solo frenesia insulsa: "Accogliete colui che è ancora debole nella fede e non discutete sulle opinioni. L'uno crede di poter mangiare di tutto; l'altro, che è debole, mangia solo legumi. Chi mangia non disprezzi colui che non mangia. E colui che non mangia non giudichi colui che mangia, poiché Dio lo ha bene accolto. Or, chi sei tu che ti permetti di giudicare il domestico altrui?."[Lettera di San Paolo] Strambo, no? Eppure sarebbe PAROLA DEL SIGNORE. Vi oppiano, vi atterriscono, vi ottundono. Reagite. Vivete.


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Il sabato tutto mariano come domenica tutta per il Signore. La reduce da Madugorje sabato scorso flirta con la cocotte di Osimo per vincere e stravincere una strana scommessa contro di me. Annuso quel loro femmineo linguaggio fatto di femmi...nee insolenze. La donna per me ora è il vero sesso forte ma credo che ancora la loro lingua è stridula vagula, alquanto scarna di materia grigia. Le mie amiche mi perdonino. Ma con quel che dico e quel che faccio, di amiche anche su FB me ne rimangono molto poche e naturalmente quelle che rimangono sono di eletto cervello, di concetto profondo e non certo tenace che sarebbe come dire di scervellata testardaggine (absit iniuria verbis caro Nanà). Queste donne ormai son aduse alle mie insulsaggini e quasi con sorriso materno mi sorreggono meglio di qualche visionaria madonna di Madugorje (codesta Vergine Madre poteva scegliere una località di più facile pronunciabilità per apparire alle poche elette per la milionesima volta).

Proprio sabato, andando al porto di Ottavia, mentre il duo clerical-cocotte tramava contro di me, ignaro, finisco in questa romana S. Maria in Portico. Non è che ci abbia badato molto, ma - tacti!!! - credo che lì la Madonna sia apparsa per la prima volta nella storia del mondo. Solo che allora, dovendo apparire a dei romani che di insulsi miracoli ne vedono tutti i giorni (non ultimi quelli promessi, non mantenuti, ma sbandierati da un tal Berlusconi nella quasi vicina via Arenula, presso un atavico maniero, il palazzo Artioli) bisognava andarci con i piedi di piombo o con incomparabili volti, ché di bellissime ragazze a Roma ce ne son state sempre tantissime, a parte la Romana di Moravia).

Roma -comunque - non può privarsi del privilegio ad ospitare per la prima volta la Madre di Dio, reduce su questa terra, dopo mezzo millennio dalla sua morte o se volete dall'assunzione in cielo; ne ha oltretutto diritto per chiudere una volta per sempre i conti con quel vigliacchetto e spergiuro Simon Pietro.

Dignitosamente ed arcanamente la Madre di Dio appare "come un improvviso bagliore" e tale resta anche in presenza del Pontefice crediamo per la bisogna molo bene agghindato.

Il papa " mosso da divino istinto si precipitò nella casa [di Gallia Patrizia] e dopo lunga orazione accompagnato da vescovi e cardinali e dal resto del clero e popolo romano si recò processionalmente a piedi, portando candele accese verso il Portico di Ottavia. Dove giunto entrò nella casa di Gallia e vide anch'egli la meravigliosa luce". Scrive nelle sue Memorie magari con prosa anchilosata e apostrofando un "uno" maschile dinanzi a vocale il P. Ludovico MARRACCI soggiungendo: "Avvenne tutto questo .. il 17 Luglio dell'anno del Signore 524".

Beh! noi di Roma le cose le sappiamo farle per benino e non antropizziamo la Madre di Dio come se fosse la nuova siciliana miss Italia. E sappiamo anche ridere delle visioni di quei furbastri francescani di Madugorje.

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Richard T Scott, Chica desapareciendo, Óleo sobre lino, 40,6 x 35,6 cm



Foto: Richard T Scott, Chica desapareciendo, Óleo sobre lino, 40,6 x 35,6 cm

 

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A Giusy Mendola e Nicolò Rizzo piace questo elemento.

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Oriana Cammilli ognuno vede ciò che vuole Calogero.. dai... comunque a me sembra di si.







Calogero Taverna Cecilia (da "I Promessi Sposi"di Alessandro Manzoni")
- traduzione libera in endecasillabi di Marco Candiani -

Illustrazione di Alberto Schiavii

Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.

STRANE ASSOCIAZIONI DI IDEE -- E cioè: annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosaVisualizza altro



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 Calogero Taverna E la ragione non può che esere che tua. In effetti a ben guardare ... ma io mi ero soffermato solo sull'espressione affranta che bella forse l era stata.



 Oriana Cammilli ognuno vede ciò che vuole Calogero.. dai... comunque a me sembra di si.



 



Calogero Taverna Cecilia (da "I Promessi Sposi"di Alessandro Manzoni")
 - traduzione libera in endecasillabi di Marco Candiani -

 Illustrazione di Alberto Schiavii

 Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
 Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.

 STRANE ASSOCIAZIONI DI IDEE -- E cioè: annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa

 

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20 ore fa nei pressi di Roma

Il CONFITEOR di un banchiere incallito

Qual è il confiteor di un grande banchiere incallito, ormai però giunto all’occaso se non della vita - Cesare Geronzi a 77 anni avrà ancora decine e decine di anni per imperversare - certo degli affari?
E’ lui stesso a sentirsi peccatore. E le sue confessioni dovrebbero dissimulare quelle di Sant’Agostino o filosofeggiare come un moderno Rousseau.
Diciamo ch...e noi ci attendiamo questo suo esplosivo libro da sei o sette mesi. Ora è uscito e ci troviamo a dovere centellinare ben 362 pagine di feltrinelliane confessioni, estorte a dire il vero da un non troppo benevolo Mucchetti.
E noi che per vecchia professione siamo portati a diffidare di tutti e di tutto, pensiamo che un danno enorme quel sapido testo l’ha già provocato. Uscito a ridosso di una importante seduta della Cassazione crediamo che abbia dato aire a giudici sgomenti dinanzi a tante protervie giuridiche per una “esemplare” condanna del pio Fazio, un tempo governatore a palazzo Koch. Non si poteva aspettare un paio di giorni? Perché tanta incontinenza?
Fuge rumores sospirava Baffi. Ma un pensiero pascaliano ebbe a soffiare nel cuore e nella mente del banchiere Geronzi: Sempre in balia dell'incertezza, spinto da un estremo all'altro, l'uomo sente la sua nullità, la sua disperazione, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua debolezza e salgono immediatamente dal profondo del suo cuore la noia, la melanconia, la tristezza, il cattivo umore, l'irritazione, la disperazione. (B. Pascal)
E volendo parodiare anche Rousseau soggiungiamo noi: Pur muovendo da impulsi disparati e con ragioni e scopi differenti, la maggior parte degli interpreti o seguaci di Rousseau hanno individuato nell’interesse per la politica la nota saliente della sua personalità: è lui [cioè Rousseau] stesso ad ammettere nelle sue Confessions che «tutto dipende radicalmente dalla politica» 11, in quanto un’organizzazione politica equa risolve il problema della teodicea, ridando così moralità alle azioni umane.
Bombardati dai giornali con i loro effetti annunci, ci siamo subito domandati a che tende il dottor Cesare Geronzi? Quale il suo obiettivo? Mughetti, pur nordico, è criptico: dopo si vedrà se vi sarà assonanza con il suo obiettivo: Non vi sarà mai, perché un giornalista è sempre colui che spiega bene agli altri quello che lui non sa, non comprende e spesso non vuol capire. Già, far luce su “trent’anni di potere, banche ed affari”. Ma è lui stesso a dirci che quella sua specifica (o speciosa) luce l’ha già irradiata con tre decenni di lavoro di giornalista.
Noi ci domandiamo: siffatti opposti obiettivi (Geronzi tenterà solo di assolversi o di condannare) stridono con le modeste nostre indagini? Le abbiamo fatte per incarico pubblico, le abbiamo sofferte per dissidenze etiche e politiche, le abbiamo propinate con la dissacrazione icastica che ci riviene dal piccolo borgo del sale e dello zolfo in cui siamo nati.
Sin d’ora noi lo sappiamo: giammai!
Abbiamo sbirciato il grosso volume. Ci colpisce innanzi tutto l’assenza di nomi eccellenti, di protagonisti sotto traccia, di citazioni giudiziarie, di risultanze ispettive, di provvedimenti amministrativi, di sentenze esemplari, di esiti giudiziari.
Qualche esempio: non troviamo Lucio Veneziani, non troviamo il dottor Somma, non troviamo esuli dalla consulenza legale della Banca d’Italia. La vicenda Sarcinelli viene sfiorata secondo le più consunte vulgatae. La storia del Banco di Sicilia, dell’Irfis, dell’Interfinanza sindoniana, tutto nelle brume di chi forse a ragione può dire: non ricordo, perché in effetti non protagonista. Il dottor Desario (scritto senza d minuscolo e senza aristocratica separazione) citato una sola vola. Dini non riusciamo a pescarlo neppure con la più dilatante lente di ingrandimento. E Gnudi? La Moscow Narodny London pare vi sia, ma sepolta chissà dove. Pare solo in una domanda dell’intervistatore.
In compenso, dilatate vicende forse più personali che emblematiche.
Divagazioni su pontefici, cardinali e in un punto su un papa in pectore, lasciano in ombra personalità quali il ministro Colombo.
Avrò di che pensare; avrò di che cercare di spiegarmi.
Quello che mi accora di più è che con questi rumores Fazio forse è definitivamente perduto alla cosa pubblica (ed è una grossa iattura). Geronzi che bene starebbe come ministro dell’economia subirà l’onta dileggiante che mi pare Repubblica anticipa. I reietti resteranno reietti ma i “correi” dell’odierno sbaraglio mediatico non avranno giustizia. Solo ulteriore motivo di gogna.
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Calogero Taverna Io c'ero. Ero a Messina .. avevo solo 33 anni, come Cristo ma come un cristo vivevo in quella splendida città di Messina, splendida sì ma d'estate le grate di ferro che cimentavano i palazzi s'incendiavano e si moriva dal caldo (non proprio ma la sof...Altro


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Oriana Cammilli di nulla Calogero.


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Calogero Taverna Ed ora un po' di Verdi ... tanto per accontentarci. Signori questa è l'Italia, dalle Alpi a Capo Passero. Abbiamo erediditato ricchezze sconfinate. Godiamocele. Non imprechiamo. Non mugugniamo. La crisi economica è un trapasso da un assetto economico ...Altro


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Calogero Taverna Ed io vi dico che sì, mi hanno detto che il Signore ebbe voce e disse parole come queste: "... venne un gran terremoto. Il sole diventò nero come un sacco di crine e tutta quanta la luna diventò come sangue; le stelle del cielo caddero sulla terra come un fico lascia cadere i suoi frutti acerbi quando è scosso da vento impetuoso. Il cielo si ritirò come un rotolo che si riavvolge; tutte le montagne e tutte le isole vennero rimosse dal loro posto. I re della terra e i grandi, i tribuni i potenti e tutti i servi e liberi, si nascosero nelle caverne e tra le rocce delle montagne. E dicevano ai monti e ai massi: cadeteci addosso, nascondeteci dalla faccia di Colui che è assiso sul trono e dall'ira dell'agnello perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi potrà sostenersi?" [Apocalisse] Conturbante poesia? Certo! Ma è parola del SIGNORE? Ma se questa è poesia, quest'altra, solo frenesia insulsa: "Accogliete colui che è ancora debole nella fede e non discutete sulle opinioni. L'uno crede di poter mangiare di tutto; l'altro, che è debole, mangia solo legumi. Chi mangia non disprezzi colui che non mangia. E colui che non mangia non giudichi colui che mangia, poiché Dio lo ha bene accolto. Or, chi sei tu che ti permetti di giudicare il domestico altrui?."[Lettera di San Paolo] Strambo, no? Eppure sarebbe PAROLA DEL SIGNORE. Vi oppiano, vi atterriscono, vi ottundono. Reagite. Vivete.


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Atlanta Symphony Orchestra and Chorus diretta da Robert Shaw. reg. 1987. Soprano...: Susan Dunn Mezzo-Soprano: Diane Curry Tenor: Jerry Hadley Bass: Paul PlishkaVisualizza altro


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Ieri nei pressi di Roma

C'è uno stronzetto di Racalmuto (meglio nato a Racalmuto e ora estero con una semplicissima lisa stelletta d'ordine militaresco) che vorrebbe impedirmi di dire quello che subito a suo scorno trascrivo. Sutor ne ultra crepidam signor anomimo proteso al caglio bovino.

Tempo fa ebbi l’ardire di sollecitare una resipiscenza addirittura da parte del Signor Governatore della Banca d’Italia. Perdonatemi... il sussiego stilistico (che apparirà vacuo e falso a chi un po’ mi conosce). Semel sacerdos, semper sacerdos … ed io in B.I. arrivai ad essere come dire un arcivescovo e per giunta giovanissimo: figuratevi se può cessare di scorrere nelle mie vene sangue servile verso il sommo mio superiore, come dire il papa di santa romana chiesa.

Economia
Lettera al Governatore di Bankitalia
di Calogero Taverna

Ill.mo Signor Governatore dottor Visco, se Le dico che sono l’ex ispettore di Vigilanza Calogero Taverna, colgo un sorriso: Carneade chi era costui. Avventuroso siciliano bazzico di questi tempi la citta di Rieti. Provo grande rammarico nel vedere sbarrata – e mi dicono in vendita alla Fondazione Cassa di Risparmio – la gloriosa filiale BI. La realtà reatina è molto complessa e nulla ha a che fare con la regione o con la stessa provincia di Roma. Non riesco a comprendere come si proceda ad obnubilare, per discutibili lesine sulla spesa, gloriose istituzioni. Una sede provinciale è centro propulsivo propugna iniziative oculate e crea cultura, lega la periferia al centro, corregge distorsioni al momento del loro insorgere negli affari bancari e finanziari, svolge una vigilanza a stretto contatto con il territorio, ed altro, altro ancora. Giammai è vacuità dispersiva di fondi pubblici. Sono legato alla vecchia legge bancaria e per me resta ineludibile il brocardo iniziale che voleva raccolta del risparmio ed esercizio del credito faccende di “interesse pubblico”, espressione che non convinceva i legulei ma che ha determinato miracoli economici ed ispirato governatori sommi. Visto che in questo momento né Bertone né Tarantola si sono potuti impossessare dello scranno di via Nazionale 91, La prego Signor Governatore si conceda una pausa di riflessione, si convinca che risparmi per riforme dissennate ed “incolte” vanno dismessi. Gli “americani” che sono approdati a palazzo Koch vanno rettificati, corretti, ripensati e i loro errori gestionali devono essere superati ripristinando l’autoctona cultura italiana. E ciò glielo dico da Sinistra. Riapra Rieti ed altre provvidenziali strutture della periferia. Il Paese gliene sarebbe grato.
22 agosto 2012

Nei pressi del Natale scorso, ricevuta una sostituzione della consueta strenna, ma stavolta in forma personalizzata ed intimista, riscrissi al signor governatore Ignazio Visco. Ne ho pubblicato il testo, ma emendato dalle confidenze che mi permettevo.
Tante volte avevo scritto ai miei ex superiori. Lo avevo fatto con Ossola, l’avevo fatto con De Sario, l’avevo fatto con Finocchiaro, l’avevo fatto soprattutto con Fazio: mai un rigo di risposta. Non mi degnavano.
Ma mentre me ne stavo in Sicilia, nel paese di Leonardo Sciascia, ecco una splendida sorpresa: mia moglie mi legge per filo un carinissimo pensiero personale nientemeno che del signor governatore Ignazio VISCO.
Codesta lettera per buona educazione dovrei tenermela riservatissima. Ma a me li stullicherie della buona borghesia mi danno fastidio. Io la pubblica. Spero che il governatore non se ne abbia a male. Non posso dire che sono in buonafede .. in fondo mi sento dispensato da ogni obbligo di riservatezza perché trattasi di gesto gentile, signorile, democratico, rispettoso che segna un nuovo deal in Banca d’Italia. Ecco un segno che qualcosa sta cambiando in questo glorioso istituto con sede in via Nazionale 91 Roma. Che a dire il vero si stava sclerotizzando. Mi attiravo questa sera un sorriso compiacente di una bella signora (ed a me le donne piacciono anche se sono fedelissimo a mia moglie; se leggete La Donna del Mossad saprete che assieme a De Sario ero l’unico monogamo dell’Ispettorato Vigilanza) facendole la genealogia dei successori nel massimo scranno di Via Nazionale, come per i papi a San Paolo fuori le mura. Tralasciamo i papi o gli antipapi dell’epoca fascista, dell’occupazione di Roma e partiamo dall’economo (sic) Einaudi (Andreini veniva malamente sbertucciato dalla signora governatrice quando si azzardava a lamentare il costo della bistecca per ottenere una busta in nero in più per il personale: la famiglia Einaudi correva il rischio di non mangiare più carne). Eccoci Menichella, cupo, serio o tetro nel parlare con De Gasperi ed altri d’altissimo loco, che pur di non fare strabordare il pinguissimo bilancio della banca di ultima istanza non assunse laureati per vent’anni. In Banca d’Italia si assumevano quindi solo applicati, uscieri e cassieri, semplici principali e centrali che figli di generali e dintorni andavano a lavorare in tight e cravattino. Certo poteva scapparci che nel liquidare certi assi ereditari in contanti chiedevano se c’erano tutti i DE CUIUS.
Venne Carli e fu il Risorgimento. Questa Italia non più contadina, non più pezzente, euforica, persino opulenta si deve alla ingegneria finanziaria del principe rinascimentale Guido Carli. Poi la notte dei lunghi coltelli del settembre 1974. Caso Sindona e Occhiuto che non vuole saperne di assistenze dissipatrici e si rivolta contro il nordico antagonista di due gradi superiore a lui, ma inidoneo a tenergli testa. Un senescente Baffi che passa dai libri ad un doppio talamo avrà gli osanna di chi glieli vorrà tributare, ma non i miei. Quando una volta ebbi a dovergli fare da commensale (i signori del Direttorio pensavano di democratizzarsi stando seduti nella frugale mensa aziendale - ma in stanzette riservate – con quattro o cinque della carriera direttiva): Oh! Ma lei è quello che l’avvocato Sindona la redarguisce con un “un tal Calogero Taverna”. La mia carriera era finita! Fece nervoso andarivieni per una intera notte preparandosi atterrito come uno studentello per il giorno dopo, convocato da Alibrandi. Ma Alibrandi fu cortesissimo: si alzò in piedi e andò ad ossequiarlo. L’interrogatorio fu un rispettosissimo declinare le generalità e il magistrato si scusò persino per l’incomodo.
Lascio Ercolani alle sue conquiste, anche ad ottant’anni e mi dovrei dilungare nell’ossequio a Ciampi: diciamo che nessun grande uomo è grande per la sua cameriera ed io cameriere di codesti grandi uomini lo sono stato. Non fatemi parlare, finirei inquisito per vilipendio. Certo io a Ciampi glie ne ho dette .. ma lui me ne ha date. Chiamerei a testimoniare persino Sarcinelli.
Che dire di Fazio? In questi ultimi tempi mi ero persino impegnato a difenderlo, ma uno sciagurato Confiteor con risposte in latino ad un abile Mucchetti ha rovinato tutto: una condanna definitiva ed un rinvio al secondo grado da parte della Cassazione lo stanno squartando anche finanziariamente, persino il grande avvocato deve pagare di tasca sua: la Banca d’Italia non intende accollarsi spese legali di sorta.
Sull’americanino Gradi che debbo dire? Non è che l’occultamento di derivati dalla finanza creativa di provenienza statunitense si deve a questo ex direttore generale del tesoro, emigrato in America e ritornato come estraneo ai vertici dell’ex istituto di emissione.
Ora che la Tarantola non è finita al top di via Nazionale per predilezione cardinalizia e per volontà del novello uomo della provvidenza un tal Silvio, insufflato da un tal Giulio junior e al suo posto per un mancato regolamento dell’art. 19 ci sta il dottor Ignazio Visco io comincio a rasserenarmi. E’ uomo avveduto e colto, sa davvero di economia, è integro, educato e con qualche venatura rossa che ai miei occhi non guasta. Il MPS non gli appartiene: non è toscano, non è livornese, non è triglia. L’Italia può ben sperare. I dipendenti della Banca d’Italia un po’meno: si è messo in testa che la parsimonia si addice all’Istituto che una volta emetteva carta moneta. Non mi piace che ogni lunedì nella sua sede di via XX settembre in quella strana cassa che si dice di sovvenzioni, c’è la fila da parte di postulanti qualche migliaio di euro chiesti in prestito sotto forma di apercredito.
Quello che Visco mi dice in risposta ai miei convenevoli (si fa per dire) l’accetto di buon grado e ringrazio. Peccato che non ho figli, diversamente quella elegante lettera gliela avrei lasciato come cespite di altissimo valore.
Quanto alla risposta per Rieti, sono molto costernato ma debbo dire che non sono d’accordo: se la Banca d’Italia ragiona con il metro mercantilistico dei costi/benefici scade in banale organismo con l’obbligo del profitto. E mi si dice che di questi tempi manco il conto economico riesce più a chiudere. Scempiaggine: mi chiamino e in quattro e quattr’otto pinguissimo ritorna il saldo sotto la linea patrimoniale. Certo quando la Tarantola faceva la ragioniera le cose sballottavano. Vi sento puzza qui di vecchia gestione, alla Finocchiaro per intenderci. No! Signor governatore non si faccia infinocchiare: si sa che questo non è il suo campo. Non si fidi degli eredi dell’uomo che impoverì i dipendenti creando un ribellismo nella compagine impiegatizia che tanto ha contribuito al deterioramento del buon nome dell’istituto. Esiste l’Istituto della mobilità; non occorre licenziare basta spostare. Ai tempi di Carli (meglio di Occhiuto) l’ispettore capo alla Vigilana come cambiava e come migliorava il Servizio.Visualizza altro

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Ieri nei pressi di Roma

Calogero Taverna
50 minuti fa nei pressi di Roma
A quarche signurina ca me 'npotuna!

Sei cambiata, Fifì mia:
disse un cane a 'na Cagnola -
prima annavi sempre sola,
mò vai sempre in compagnia.

Da che stai co' la Duchessa...
che te porta in carettella,
Fifì mia, nun sei più quella,...
te sei proprio compromessa!

Tenghi un cane pe' cantone
che te manca de rispetto:
mò un burdocche, mò un lupetto,
mò un bassotto mò un barbone ...

Prima, invece, eri più bona,
nun ciavevi tanta smagna ...
- Eh, lo so! - disse la Cagna ...
M'ha guastato la padrona!

TRILUSSA

[Piccole esortazioni di Lillo Taverna alle sue paesanuzze: non citate mai Trilussa se donne ancora vogliose o se beghine troppo pietose: quello è più maschilista di me e quanto alle cose religiose ..... beh! lasssamo perde'. ]Visualizza altro

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Calogero Taverna







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Ieri nei pressi di Roma

A quarche signurina ca me 'notuna!

Sei cambiata, Fifì mia:
disse un cane a 'na Cagnola -
prima annavi sempre sola,
mò vai sempre in compagnia.

Da che stai co' la Duchessa
che te porta in carettella,
Fifì mia, nun sei più quella,...
te sei proprio compromessa!

Tenghi un cane pe' cantone
che te manca de rispetto:
mò un burdocche, mò un lupetto,
mò un bassotto mò un barbone ...

Prima, invece, eri più bona,
nun ciavevi tanta smagna ...
- Eh, lo so! - disse la Cagna ...
M'ha guastato la padrona!

TRILUSSA

[Piccole esortazioni di Lillo Taverna alle sue paesanuzze: non citate mai Trilussa se donne ancora vogliose o se beghine troppo pietose: quello è più maschilista di me e quanto alle cose religiose --- beh! lasssamo perde'. ]Visualizza altro

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Rito sciamanico!…..Non ci crederete ma la maggior parte delle volte, mi butto a terra senza pensare a quel che sta facendo. L'action painting in definitiva funziona quando entro in contatto con la tela mediante un processo involontario.
...E' il mio "io" a riversarsi completamente sopra il quadro......è il quadro stesso che comanda, come il fuoco in un rito sciamanico. Ecco cosa diceva il grande J. Pollok....: quando sono "dentro" i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di "presa di coscienza" mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti o di rovinare l'immagine, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. È solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente.
Accursio Vinti
Grotte (AG) lì, 25/10/2013Visualizza altro




Foto: Rito sciamanico!…..Non ci crederete ma la maggior parte delle volte, mi butto  a terra senza pensare a quel che sta facendo. L'action painting in definitiva funziona quando   entro in contatto con la tela mediante un processo involontario.
E' il mio "io"   a riversarsi completamente sopra il quadro......è il quadro stesso che comanda, come il fuoco in un rito sciamanico. Ecco cosa diceva il grande J. Pollok....: quando sono "dentro" i miei quadri, non sono pienamente consapevole di quello che sto facendo. Solo dopo un momento di "presa di coscienza" mi rendo conto di quello che ho realizzato. Non ho paura di fare cambiamenti o di rovinare l'immagine, perché il dipinto vive di vita propria. Io cerco di farla uscire. È solo quando mi capita di perdere il contatto con il dipinto che il risultato è confuso e scadente.
Accursio Vinti      
Grotte (AG)  lì, 25/10/2013

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