lunedì 11 gennaio 2016
La Nuova Alabarda
20 giugno •
APPUNTI SU ETTORE MESSANA.
Ho ricevuto negli
ultimi tempi alcuni messaggi da tale Lillo Taverna, che mi "accusa"
di "essere l'autrice di foglietti infamanti il dottore Ettore
Messana", del quale Taverna starebbe ricostruendo una biografia.
In effetti ho avuto
modo di scrivere alcune note su questa persona, denunciata come criminale di
guerra alle Nazioni unite, basandomi su documenti ufficiali dei quali ho
indicato anche la collocazione archivistica. Pertanto ritengo opportuno
rinfrescare la memoria su questa persona.
Com’è noto, il 6/4/41
l’Italia fascista invase la Jugoslavia, in perfetto accordo con l’esercito di
Hitler, creando la “Provincia italiana di Lubiana” e mettendo ai posti di
comando dei propri funzionari. Così, a dirigere la questura di Lubiana fu posto
il commissario Ettore Messana, che resse l’incarico fino a giugno 1942, e
successivamente fu a Trieste fino a giugno 1943.
Il nome di Messana
risulta nell’elenco dei criminali di guerra denunciati dalla Jugoslavia alla
Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra (United Nations War
Crimes Commission). Il rapporto di denuncia, redatto in lingua inglese ed
inviato dalla Commissione statale jugoslava in data 14/7/45 (Copia del rapporto
originale in lingua inglese si trova nell’Archivio di Stato di Lubiana, AS 1551
Zbirka Kopij, škatla 98, pp. 1502-1505), lo accusa (sulla base di
documentazione che era stata trovata in possesso della Divisione “Isonzo”
dell’Esercito italiano di occupazione) di crimini vari: “assassinio e massacri;
terrorismo sistematico; torture ai civili; violenza carnale; deportazioni di
civili; detenzione di civili in condizioni disumane; tentativo di
denazionalizzare gli abitanti dei territori occupati; violazione degli articoli
4, 5, 45 e 46 della Convenzione dell’Aja del 1907 e dell’articolo 13 del Codice
militare jugoslavo del 1944”.
Nello specifico viene addebitata a Messana (in concorso con
il commissario di PS Pellegrino e col giudice del Tribunale militare di Lubiana
dottor Macis) la costruzione di false prove che servirono a condannare diversi
imputati (tra i quali Anton Tomsič alla pena capitale, eseguita in data
21/5/42) per dei reati che non avevano commesso. La responsabilità di Messana e
Pellegrino in questo fatto è confermata da documenti dell’archivio della
questura di Lubiana (oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Lubiana, AS
1796, III, 6, 11), che fanno riferimento ad una “operazione di polizia
politica” condotte dal vicequestore Mario Ferrante e dal vicecommissario
Antonio Pellegrino sotto la direzione personale di Messana, contro una “cellula
sovversiva di Lubiana” della quale facevano parte, oltre al Tomsič prima
citato, anche Michele Marinko (condannato a 30 anni di reclusione), Vida Bernot
(a 25 anni), Giuseppina Maček (a 18 anni) ed altri tre che furono condannati a
pene minori.
Messana e gli altri
furono anche accusati di avere creato false prove nel corso di una indagine da
loro condotta, in conseguenza della quale 16 persone innocenti furono fucilate
dopo la condanna comminata dal giudice Macis. Si tratta dell’indagine per
l’attentato al ponte ferroviario di Prešerje del 15/12/41, per la quale
indagine, come risulta da altri documenti della questura di Lubiana dell’epoca,
Messana, il suo vice Ferrante, l’ufficiale dei Carabinieri Raffaele Lombardi ed
altri agenti e militi furono proposti per onorificenze e premi in denaro per la
buona riuscita delle indagini relative: Messana ricevette come riconoscimento
per il suo operato la “commenda dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro”.
Il 21/9/45 l’Alto Commissario Aggiunto per l’Epurazione di
Roma inviò una nota al Prefetto di Trieste nella quale era segnalato il nome di
Ettore Messana. Il Prefetto richiese un’indagine alla Polizia Civile del GMA
(ricordiamo che all’epoca Trieste era amministrata da un Governo Militare Alleato
e la polizia era organizzata sul modello anglosassone), il cui risultato è
contenuto in una relazione datata 6/10/45 e firmata dall’ispettore Feliciano
Ricciardelli della Divisione Criminale Investigativa, dalla quale citiamo
alcuni passaggi.
“Il Messana era preceduto da pessima fama per le sue
malefatte quale Questore di Lubiana. Si vociferava infatti che in quella città
aveva infierito contro i perseguitati politici permettendo di usare dei mezzi
brutali e inumani nei confronti di essi per indurli a fare delle rivelazioni
(…) vi era anche (la voce, n.d.a.) che ordinava arresti di persone facoltose
contro cui venivano mossi addebiti infondati al solo scopo di conseguire
profitti personali. Difatti si diceva che tali detenuti venivano poi avvicinati
in carcere da un poliziotto sloveno, compare del Messana, che prometteva loro
la liberazione mediante il pagamento di ingenti importi di denaro. Inoltre gli
si faceva carico che a Lubiana si era dedicato al commercio in pellami da cui
aveva ricavato lauti profitti.
Durante la sua
permanenza a Trieste, ove rimase fino al giugno 1943, per la creazione in
questa città del famigerato e tristemente noto Ispettorato Speciale di polizia
diretto dal comm. Giuseppe Gueli, amico del Messana, costui non riuscì ad effettuare
operazioni di polizia politica degne di particolare rilievo.
Ma anche qui, così
come a Lubiana, egli si volle distinguere per la mancanza assoluta di ogni
senso di umanità e di giustizia, che dimostrò chiaramente nella trattazione di
pratiche relative a perseguitati politici (…)”. Questa relazione è conservata
in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura gabinetto, b. 18. L’Ispettore
Ricciardelli aveva già svolto servizio in polizia sotto il passato regime
fascista ed era stato internato in Germania sotto l’accusato di favoreggiamento
nei confronti di ebrei che sarebbero stati da lui aiutati a scappare.
A fronte di tutto ciò
ci si aspetterebbe che Messana sia stato, se non condannato per quanto commesso
sotto il fascismo, quantomeno “epurato” dalla Pubblica Sicurezza. Invece lo
ritroviamo nell’immediato dopoguerra nella natia Sicilia, a dirigere, alle
dipendenze dell’ex funzionario dell’OVRA a Zagabria, Ciro Verdiani, un
“Ispettorato generale di PS per la Sicilia”, un “organo creato per la repressione
della delinquenza associata, e specificamente per la repressione del banditismo
che faceva capo a Giuliano (il “bandito” Salvatore Giuliano, n.d.a.)” (questa
definizione è tratta dalla sentenza di Viterbo, emessa il 3 maggio 1952 dalla
Corte d’assise di Viterbo, presieduta dal magistrato Gracco D’Agostino, in
merito alla strage di Portella della Ginestra del 1/5/47). Per sapere come i
due alti funzionari di PS svolsero il compito loro affidatogli, leggiamo alcuni
stralci dalla sentenza emessa in merito alla strage di Portella della Ginestra,
dove gli uomini di Giuliano spararono sulla folla che si era radunata per
festeggiare il Primo maggio, uccidendo undici persone tra cui donne e bambini e
ferendone molte altre.
“L’Ispettore Verdiani non esitò ad avere rapporti con il
capo della mafia di Monreale, Ignazio Miceli, ed anche con lo stesso Giuliano,
con cui si incontrò nella casetta campestre di un sospetto appartenente alla
mafia, Giuseppe Marotta in territorio di Castelvetrano ed alla presenza di
Gaspare Pisciotta, nonché dei mafiosi Miceli, zio e nipote, quest’ultimo
cognato dell’imputato Remo Corrao, e dal mafioso Albano. E quel convegno si
concluse con la raccomandazione fatta al capo della banda ed al luogotenente di
essere dei bravi e buoni figlioli, perché egli si sarebbe adoperato presso il
Procuratore Generale di Palermo, che era Pili Emanuele, onde Maria Lombardo
madre del capo bandito, fosse ammessa alla libertà provvisoria. E l’attività
dell’ispettore Verdiani non cessò più; poiché qualche giorno prima che Giuliano
fosse soppresso, attraverso il mafioso Marotta pervenne o doveva a Giuliano
pervenire una lettera con cui lo si metteva in guardia, facendogli intendere
che Gaspare Pisciotta era entrato nell’orbita del Colonnello Luca (si tratta
dell’ex generale dei Carabinieri Ugo Luca, che tra il 1949 e il 1950 coordinò
l’uccisione di Giuliano in Sicilia”, già “uomo di fiducia personale di
Mussolini”, come scrive Giuseppe Casarrubea in “Storia segreta della Sicilia”,
Bompiani 2005) ed operava con costui contro Giuliano”.
Quanto a Messana leggiamo che “l’Ispettore Generale di PS
Messana negò ed insistette nel negare di avere avuto confidente il Ferreri
(Salvatore Ferreri, detto “fra Diavolo”, sarebbe stato infiltrato nella “banda”
di Giuliano per farlo catturare; Ferreri sembra essere stato tra gli
organizzatori degli attacchi contro i sindacalisti a Partinico del 1947; fu
ucciso dai Carabinieri pochi giorni dopo il massacro di Portella della
Ginestra), ma la negativa da lui opposta deve cadere di fronte all’affermazione
del capitano dei Carabinieri Giallombardo, il quale ripetette (sic) in
dibattimento che Ferreri fu ferito dai carabinieri presso Alcamo, ove avvenne
il conflitto in cui restarono uccise quattro persone; e, ferito, il Ferreri
stesso chiese di essere portato a Palermo, spiegando che era un agente segreto
al servizio dell’Ispettorato e che doveva subito parlare col Messana”;
Salvatore Ferreri era “conosciuto anche come Totò il palermitano, ma definito come
pericoloso pregiudicato, appartenente alla banda Giuliano, già condannato in
contumacia alla pena dell’ergastolo per omicidio consumato allo scopo di
rapinare una vettura automobile”.
Verdiani morì a Roma nel 1952, e il suo “decesso fece in
modo che il suo ruolo in quegli anni piano piano si dissolvesse sotto i
riflettori”.
Per approfondire la questione dei rapporti tra la “banda”
Giuliano, l’Ispettorato generale di Messana e Verdiani ed i servizi segreti
statunitensi ed italiani, nonché sul riciclaggio da parte di questi di
personale che aveva operato con la Decima Mas di Borghese, vi rimandiamo al
citato studio di Casarrubea, “Storia segreta della Sicilia”.
La Nuova Alabarda certo che no!
1 • 22 giugno alle
ore 8.34
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Ho sbriciolato tutte
queste presunte documentazioni accusatorie. Ne farò oggetto di una
pubblicazione. Se qualche volta ho voluto segnalare copie dei miei risultati
archivistici a questa NUOVA ALABARDA alla Cernigoi, ho commesso, non so come si
dice in inglese (io a mala pena traduco dal siciliano all'italiano) insomma
molestia a mezzo computer? Vi diffido a voi della Polizia Postale a molestarmi su input di questa ex
goriziana. Se lo fate ho qui una prova provata che allora agite d'impulso e ve
ne assumete le responsabilità. Ma forse ora potete rispondere alla Cernigoi: ma
sia seria, signora. Se impapocchia cose di storia e qualcuno la coglie in
castagna, in fin dei conti niente di grave; basta una semplice doverosa
rettifica. dato che il suo dire sta danneggiando gravissimamente gli eredi del
signor gr. uff. comm. san Lazzaro e San
Maurizio (onorificenze meritatissime sulle quali signora ex goriziana lei non
ha titolo alcuno di sputarci sopra) l'ISPETTORE GENERALE DI PS, dottore Ettore
Messana da Racalmuto.
Se poi, persistendo
la signora, dovessimo passare al penale, sarà tutt'altra musica.
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