Torno proprio adesso a casa. Vengo da via dei Filippini come dire dal Teatro dell'orologio.
Si scende giù e finalmente nella sala Moretti. Impatto da brividi: tutto palcoscenico, si fa per dire. Una minuscola scalea sotto un arco tetro e come per un raduno peccaminoso ma da tempi andatì. Ben si adatta a questo evento originale allusivo parlato cantato ballato credo da dicci guitti più donne che uomini se quelli eran maschi di tradizionale concezione.
Va subito ad apparire la Masì immediatamente regina della scena, maga della parola, sapiente nel gesto pur se sovrabbondante per compenetrazione nel gesticolare di una prima donna di uno spettacolo minore di piccola provincia.
Intellettualità straripante, raffinatezze stilistiche di moderno concepire. Spezzoni filmici studiati scandagliati e arditamente trasposti in questa spiazzo teatrale dai fili stesi per asciugare mutande e mutandni e lisa biancheria dell'Italietta autarchìca.
Acume storico, lettura acuta, ripresentazione marpiona.
LA MASI BRAVA OLTRE OGNI DIRE. CERTO GIGIONEGGIA GLI ANNI NON SEMPRE NASCONDONO UN ROTONDEGGIANTE BIANCORE EPALE. MA CHE IMPORTA NON SIAN VENUTI QUI PER GUSTARCI BALLERINE MAGARI DISPONINIBILI.
NOI SIAMOANDAO PER LA PENNACCHIONI. VERDERLA NUDA E PIACENTE FA UN CERT EFFETTO. RECOTA MA SOPTATTUTTO BALLA SPESSO IN MISURA ECCEDENTARIA. MA QUEL CORPICINO DELIZOSO DALLA CINTOLA IN GIU' SPINGE A CERTE RIMEMBRANZE GIOVANILI. SI OPPONE PERO' IL VISO D'ANGELO, ORA CASTO, IRONICO SOPRA QUEL LINGIAGGIO GESTUALE
inarrestabile ingombrante. No siam andati per lei: vedere una grande scrittrice dissacrarsi vittima della sua indecente vis ludica, indisponibile dentro ma teatralmente accondiscendente fa gioco, diverte, spira qualche istinto non celestiale, almeno di chi non fa parte della sua metà del cielo. E tante spettatrici c'erano e avevano talora la confessione gridolina come eccitate. Sarà! Il fascino del teatro avvince ancora.
Calogero Taverna
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