Vecchie storie di mafia
e Dc
di
Andrea Camilleri (da MicroMega, novembre '99)
Quando, nella notte tra il 9 e il 10 luglio
1943, le forze alleate iniziano lo sbarco in Sicilia, a tirare un sospiro di
sollievo sono in tanti: i cittadini che vedono avvicinarsi l'ora della fine
degli spaventosi bombardamenti; gli antifascisti che sentono il profumo della
libertà; i mafiosi i quali, avendo appoggiato lo sbarco, sanno di poter
disporre adesso di uno spazio di manovra che il fascismo aveva loro negato. E
a proposito dei rapporti tra fascismo e mafia, vedi Sciascia. Viene formato
l'Amgot (Allied military government of occupied territory), guidato dal
discusso colonnello Charles Poletti per la parte che riguarda i "civil
affairs" della Sicilia. A Poletti viene quindi lasciato il compito di
nominare prefetti e sindaci. E Poletti lo fa. Sir Rennel O' Rodd, che
sovrintendeva a tutti i compiti dell'Amgot, si espresse in questi termini
nella prefazione al libro di G.R. Gayre, Italy in transition (Londra 1946):
"La maggioranza dei comuni era lacerata da gelosie personali e faide ed
aveva enormi difficoltà a proporre dei nomi. Di fronte al popolo che
tumultuava perché fossero rimossi i podestà fascisti, molti dei miei
ufficiali caddero nella trappola di scegliere in sostituzione i primi nomi
che venivano proposti oppure seguire il consiglio d'interpreti che si erano
accodati loro e che avevano imparato un po' d'inglese durante qualche loro
soggiorno negli Stati Uniti. I risultati non erano sempre felici, le scelte
finivano per cadere in molti casi sul locale boss mafioso o su un uomo-ombra
il quale in uno o due casi era cresciuto in ambienti di gangster americani.
Tutto ciò che poteva essere detto di questi uomini era che essi erano tanto
antifascisti quanto indesiderabili da ogni altro punto di vista". In
conclusione, molti mafiosi (l'elenco dei nomi sarebbe lungo e noioso) si
risvegliarono dal "sonno" e divennero sindaci, cioè a dire che la
mafia passò ad amministrare direttamente, come mai prima era stato possibile,
più della metà dei comuni siciliani. Gli Alleati nominarono i prefetti (tra
gli altri Angelo Cammarata a Caltanissetta), i rettori e i professori
universitari, i nuovi magistrati. Tutti, in comune, dovevano essere
rigorosamente antiseparatisti. Già, il separatismo. Se verso il Mis
(Movimento indipendenza siciliana), proclamato da Finocchiaro Aprile il 10
luglio 1943 (vale a dire contemporaneamente allo sbarco alleato in Sicilia),
l'Amgot ebbe un atteggiamento ufficiale di chiusura, altrettanto non si può
dire del supporto ufficioso che gli americani offrirono al movimento. Un solo
esempio per tagliar corto a discorsi che potrebbero diventare noiosi: primo
cittadino di Palermo venne nominato Lucio Tasca, capo storico del movimento
separatista, proprietario terriero, autore del volume Elogio del latifondo
siciliano (che è quanto dire) che costituisce, assieme a La Sicilia ai
siciliani del catanese Antonio Canepa, uno dei due pilastri sui quali si
fonda il movimento. A Tasca, soprattutto nelle province della Sicilia
occidentale, si aggiunsero altri sindaci separatisti e, in parte, mafiosi. Il
capitano W.E. Scotten nell'ottobre 1943, nel suo Report on the problem of
mafia in Sicily scrisse che "agli occhi dei siciliani l'Amgot si è
circondato di amici dei separatisti e ha designato ai pubblici uffici sia dei
"separatisti dichiarati che simpatizzanti tali. (...) Almeno l'80 per
cento delle designazioni fatte dall'Amgot nell'area della provincia di
Palermo sono state di questo genere". È bene ricordare che il Mis aveva
un braccio armato (bene armato) che lasciò una lunga scia di sangue dietro di
sé (colonnello dell'Evis - Esercito volontario indipendenza siciliana - era
il bandito Giuliano). Concludiamo con le parole di Sir Rennell O'Rodd, una
sorta di bilancio consuntivo a poche settimane dallo sbarco alleato.
"Parlando in termini generali, questi uomini (i mafiosi) per l'opinione
pubblica, ma anche nel fatto, sono antifascisti; ma non sono persone alle
quali si possa concedere clemenza a cuor leggero col pretesto che sono prigionieri
politici che hanno sofferto nelle mani dei fascisti. Mentre la mafia è
essenzialmente una organizzazione criminale per l'estorsione, la
"protezione" e i furti, in passato essa ha pure giocato un ruolo
politico considerevole nelle competizioni elettorali. Suppongo che la mafia
sia ora sicuramente associata al movimento per l'indipendenza
siciliana".(...) Era successo che nel corso del 1947 la situazione in
Sicilia era politicamente mutata. L'autonomia regionale, ma non solo quella,
provocò lo scioglimento effettivo del movimento indipendentista. Il Movimento
aveva avuto un peso politico non indifferente. Le province più separatiste
erano state Agrigento, Ragusa, Catania, Palermo e Caltanissetta. In
quest'ultima provincia c'erano i comuni appartenenti al cosiddetto
"Vallone" tra i quali: Villalba ufficialmente rappresentata da
Calogero Vizzini e Mussomeli rappresentata da Giuseppe Genco Russo (che
succederà a don Calò Vizzini quale capo supremo della mafia). In conclusione:
una volta sciolto il Movimento restavano a vagare dentro i confini dell'isola
più di 150 mila voti. Prendiamo ad esempio quello che capitò a Caltanissetta
dove già l'Amgot, nominando prefetto l'avvocato Cammarata, aveva, secondo le
parole dell'onorevole Francesco Pignatone, emesso "un segnale positivo
rivolto a quel coacervo di forze che col passare dei giorni si sarebbero
manifestate come forze di qualità mafiosa". Racconta l'onorevole
Giuseppe Alessi, uomo di punta della sinistra democristiana in Sicilia:
"Alla riunione del comitato provinciale si presentò un gruppo guidato
dall'allora soltanto dottore Calogero Volpe, che accompagnava i
rappresentanti dello schieramento del "Vallone", da lui capeggiato,
fino allora vivacemente separatista e prosperato sotto il patronato del
prefetto Cammarata; ora che prefetto era Aldisio, quello schieramento col suo
capo si era deciso ad entrare nel partito della Dc. Da parte mia non espressi
alcuna opposizione di carattere personale verso i singoli: ma pretesi che
ognuno presentasse singolarmente la domanda nelle sezioni, già costituite nei
paesi del "Vallone". Il dottor Volpe fu preciso e deciso nella
replica: tutto il gruppo entrava nel suo complesso organico, senza che il
partito si permettesse di esaminare la posizione di ognuno dei componenti.
Obiettai che in tal caso si trattava non già della richiesta dei singoli di
entrare nel nostro partito, ma di una fusione tra due partiti; aggiunsi
francamente che mi opponevo alla proposta così formulata, anche perché quello
schieramento aveva dei contrafforti nell'onorata società, che a Mussomeli si
esprimeva nella figura di Genco Russo. Si badi, e lo sottolineo con vigore:
dissi, e ancora affermo, che non intendevo esprimere giudizi di carattere
morale o di carattere religioso, perché non ne avevo diritto; debbo precisare
che pronunziavo un giudizio di carattere strettamente politico". Parole
rivelatrici da parte di un cattolico: nessun giudizio morale o religioso,
solo politico, strettissimamente politico. A soccorrere l'onorevole Alessi in
quel pericoloso momento, fu un' anima santa (così viene chiamata dallo stesso
Alessi). L'anima santa in questione è quella del cavaliere Benintendi,
presidente della Conferenza di San Vincenzo, il quale, chiamato in disparte
Alessi, testualmente gli dice: "Caro il mio giovane avvocato, qui non
siamo in sede di Azione Cattolica, per formulare simili discriminazioni,
siamo in piano politico. Lei sa che i comunisti usano tali violenze contro i
nostri da non consentire loro nemmeno le libere manifestazioni, i cortei.
Ebbene, abbiamo bisogno della protezione di persone forti per fermare le
violenze dei comunisti". Non me la sto inventando io, che sono abituato
a scrivere romanzi, questa frase. L'elenco dei morti che precede ampiamente
dimostra come quelle "persone forti" entrarono immediatamente in
azione per far sì che i democristiani potessero fare i loro cortei. Così
continua il racconto della sua pena l' onorevole Alessi: "Il cav.
Benintendi era persona estremamente retta ed anima candida, veramente
cristiana; ma, secondo me, sbagliava. Rimasi in minoranza, il
"gruppo" entrò in massa e da quel momento si appropriò del
partito". Ipse dixit. Lo stesso accadde nelle altre province siciliane.
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Vecchie storie di mafia
e Dc
di
Andrea Camilleri (da MicroMega, novembre '99)
Quando, nella notte tra il 9 e il 10 luglio
1943, le forze alleate iniziano lo sbarco in Sicilia, a tirare un sospiro di
sollievo sono in tanti: i cittadini che vedono avvicinarsi l'ora della fine
degli spaventosi bombardamenti; gli antifascisti che sentono il profumo della
libertà; i mafiosi i quali, avendo appoggiato lo sbarco, sanno di poter
disporre adesso di uno spazio di manovra che il fascismo aveva loro negato. E
a proposito dei rapporti tra fascismo e mafia, vedi Sciascia. Viene formato l'Amgot
(Allied military government of occupied territory), guidato dal discusso
colonnello Charles Poletti per la parte che riguarda i "civil
affairs" della Sicilia. A Poletti viene quindi lasciato il compito di
nominare prefetti e sindaci. E Poletti lo fa. Sir Rennel O' Rodd, che
sovrintendeva a tutti i compiti dell'Amgot, si espresse in questi termini
nella prefazione al libro di G.R. Gayre, Italy in transition (Londra 1946):
"La maggioranza dei comuni era lacerata da gelosie personali e faide ed
aveva enormi difficoltà a proporre dei nomi. Di fronte al popolo che
tumultuava perché fossero rimossi i podestà fascisti, molti dei miei
ufficiali caddero nella trappola di scegliere in sostituzione i primi nomi
che venivano proposti oppure seguire il consiglio d'interpreti che si erano
accodati loro e che avevano imparato un po' d'inglese durante qualche loro
soggiorno negli Stati Uniti. I risultati non erano sempre felici, le scelte
finivano per cadere in molti casi sul locale boss mafioso o su un uomo-ombra
il quale in uno o due casi era cresciuto in ambienti di gangster americani.
Tutto ciò che poteva essere detto di questi uomini era che essi erano tanto
antifascisti quanto indesiderabili da ogni altro punto di vista". In
conclusione, molti mafiosi (l'elenco dei nomi sarebbe lungo e noioso) si
risvegliarono dal "sonno" e divennero sindaci, cioè a dire che la
mafia passò ad amministrare direttamente, come mai prima era stato possibile,
più della metà dei comuni siciliani. Gli Alleati nominarono i prefetti (tra
gli altri Angelo Cammarata a Caltanissetta), i rettori e i professori
universitari, i nuovi magistrati. Tutti, in comune, dovevano essere
rigorosamente antiseparatisti. Già, il separatismo. Se verso il Mis
(Movimento indipendenza siciliana), proclamato da Finocchiaro Aprile il 10
luglio 1943 (vale a dire contemporaneamente allo sbarco alleato in Sicilia),
l'Amgot ebbe un atteggiamento ufficiale di chiusura, altrettanto non si può
dire del supporto ufficioso che gli americani offrirono al movimento. Un solo
esempio per tagliar corto a discorsi che potrebbero diventare noiosi: primo
cittadino di Palermo venne nominato Lucio Tasca, capo storico del movimento
separatista, proprietario terriero, autore del volume Elogio del latifondo
siciliano (che è quanto dire) che costituisce, assieme a La Sicilia ai
siciliani del catanese Antonio Canepa, uno dei due pilastri sui quali si
fonda il movimento. A Tasca, soprattutto nelle province della Sicilia
occidentale, si aggiunsero altri sindaci separatisti e, in parte, mafiosi. Il
capitano W.E. Scotten nell'ottobre 1943, nel suo Report on the problem of
mafia in Sicily scrisse che "agli occhi dei siciliani l'Amgot si è
circondato di amici dei separatisti e ha designato ai pubblici uffici sia dei
"separatisti dichiarati che simpatizzanti tali. (...) Almeno l'80 per
cento delle designazioni fatte dall'Amgot nell'area della provincia di
Palermo sono state di questo genere". È bene ricordare che il Mis aveva
un braccio armato (bene armato) che lasciò una lunga scia di sangue dietro di
sé (colonnello dell'Evis - Esercito volontario indipendenza siciliana - era
il bandito Giuliano). Concludiamo con le parole di Sir Rennell O'Rodd, una
sorta di bilancio consuntivo a poche settimane dallo sbarco alleato.
"Parlando in termini generali, questi uomini (i mafiosi) per l'opinione
pubblica, ma anche nel fatto, sono antifascisti; ma non sono persone alle
quali si possa concedere clemenza a cuor leggero col pretesto che sono
prigionieri politici che hanno sofferto nelle mani dei fascisti. Mentre la
mafia è essenzialmente una organizzazione criminale per l'estorsione, la
"protezione" e i furti, in passato essa ha pure giocato un ruolo
politico considerevole nelle competizioni elettorali. Suppongo che la mafia
sia ora sicuramente associata al movimento per l'indipendenza
siciliana".(...) Era successo che nel corso del 1947 la situazione in
Sicilia era politicamente mutata. L'autonomia regionale, ma non solo quella,
provocò lo scioglimento effettivo del movimento indipendentista. Il Movimento
aveva avuto un peso politico non indifferente. Le province più separatiste
erano state Agrigento, Ragusa, Catania, Palermo e Caltanissetta. In
quest'ultima provincia c'erano i comuni appartenenti al cosiddetto
"Vallone" tra i quali: Villalba ufficialmente rappresentata da
Calogero Vizzini e Mussomeli rappresentata da Giuseppe Genco Russo (che
succederà a don Calò Vizzini quale capo supremo della mafia). In conclusione:
una volta sciolto il Movimento restavano a vagare dentro i confini dell'isola
più di 150 mila voti. Prendiamo ad esempio quello che capitò a Caltanissetta
dove già l'Amgot, nominando prefetto l'avvocato Cammarata, aveva, secondo le
parole dell'onorevole Francesco Pignatone, emesso "un segnale positivo
rivolto a quel coacervo di forze che col passare dei giorni si sarebbero
manifestate come forze di qualità mafiosa". Racconta l'onorevole
Giuseppe Alessi, uomo di punta della sinistra democristiana in Sicilia:
"Alla riunione del comitato provinciale si presentò un gruppo guidato
dall'allora soltanto dottore Calogero Volpe, che accompagnava i
rappresentanti dello schieramento del "Vallone", da lui capeggiato,
fino allora vivacemente separatista e prosperato sotto il patronato del
prefetto Cammarata; ora che prefetto era Aldisio, quello schieramento col suo
capo si era deciso ad entrare nel partito della Dc. Da parte mia non espressi
alcuna opposizione di carattere personale verso i singoli: ma pretesi che
ognuno presentasse singolarmente la domanda nelle sezioni, già costituite nei
paesi del "Vallone". Il dottor Volpe fu preciso e deciso nella
replica: tutto il gruppo entrava nel suo complesso organico, senza che il
partito si permettesse di esaminare la posizione di ognuno dei componenti.
Obiettai che in tal caso si trattava non già della richiesta dei singoli di
entrare nel nostro partito, ma di una fusione tra due partiti; aggiunsi
francamente che mi opponevo alla proposta così formulata, anche perché quello
schieramento aveva dei contrafforti nell'onorata società, che a Mussomeli si
esprimeva nella figura di Genco Russo. Si badi, e lo sottolineo con vigore:
dissi, e ancora affermo, che non intendevo esprimere giudizi di carattere
morale o di carattere religioso, perché non ne avevo diritto; debbo precisare
che pronunziavo un giudizio di carattere strettamente politico". Parole
rivelatrici da parte di un cattolico: nessun giudizio morale o religioso,
solo politico, strettissimamente politico. A soccorrere l'onorevole Alessi in
quel pericoloso momento, fu un' anima santa (così viene chiamata dallo stesso
Alessi). L'anima santa in questione è quella del cavaliere Benintendi,
presidente della Conferenza di San Vincenzo, il quale, chiamato in disparte
Alessi, testualmente gli dice: "Caro il mio giovane avvocato, qui non
siamo in sede di Azione Cattolica, per formulare simili discriminazioni,
siamo in piano politico. Lei sa che i comunisti usano tali violenze contro i
nostri da non consentire loro nemmeno le libere manifestazioni, i cortei.
Ebbene, abbiamo bisogno della protezione di persone forti per fermare le violenze
dei comunisti". Non me la sto inventando io, che sono abituato a
scrivere romanzi, questa frase. L'elenco dei morti che precede ampiamente
dimostra come quelle "persone forti" entrarono immediatamente in
azione per far sì che i democristiani potessero fare i loro cortei. Così
continua il racconto della sua pena l' onorevole Alessi: "Il cav.
Benintendi era persona estremamente retta ed anima candida, veramente
cristiana; ma, secondo me, sbagliava. Rimasi in minoranza, il
"gruppo" entrò in massa e da quel momento si appropriò del
partito". Ipse dixit. Lo stesso accadde nelle altre province siciliane.
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