[Articoletto
n.° 12]
I NORMANNI A
RACALMUTO
di Calogero
Taverna
La conquista da parte di Ruggero il Normanno del
territorio agrigentino, nella primavera del 1087, non pare abbia trovato un
Racalmuto popoloso e prospero. La fole di una Rahal-Almut con il suo emiro dal
beffardo nome di AABD-ALUHAR con le sue 2095 anime etc.etc. è un infondatissimo
falso del settecentesco abate Vella, cui non si può attribuire neppure quel barlume di verità che
gli storici moderni rinvengono nei miti, nelle saghe e nelle inverosimili
agiografie. Serafino Messana - un robusto intellettuale dell’Ottocento della
nostra terra, il cui valore oggi appare del tutto ignorato - ebbe a provarci,
per quel che ce ne dice Eugenio Napoleone Messana. Ma non va oltre un
fantasioso romanzare. Narra, dunque, il Messana di due governatori di Racalmuto
chiamati Apollofar ed Apocaps. Muore in battaglia a Catania, Apocaps. Organizza
una stenua difesa ad Al ’Minsar - che Eugenio Napoleone Messana reputa essere
l’attuale Castelluccio - Apollofar. Fiaccato per il bisogno tentò riparo nella
fuga verso Licata, ma invano giacché fu visto e raggiunto presso Ravanusa, ove,
preso prigioniero, venne decapitato.
Quanto a documenti, però, non vi è nulla.
Un piccolo barlume potremmo forse trovarlo nelle
cronache del Malaterra. Facendo anche noi ricorso alle congetture, propendiamo
ad identificare Racalmuto in un toponimo, evidentemente corrotto nelle tante
trascrizioni del testo malaterrano, che si rifà ad un impreciso “Racel....”.
Goffredo MALATERRA fu un cronista normanno dell’XI secolo. Monaco
benedettino a Sanie-Evreul-Ouche, passò nell'Italia meridionale e si stabilì in
Sicilia. Qui fu incaricato dal gran conte RUGGERO di scrivere la
cronaca delle gesta del Normanno. Il racconto si estende per
quattro libri. La sua opera è variamente intitolata. La riedizione del
Pontieri (Bologna 1927), porta: «De rebus gestis Rogerii .....
et Roberti Guiscardi». Il manoscritto malaterrano che fu trafugato
dall'Italia dallo spagnolo ZURRITA fu
pubblicato a Saragozza nel 1578. Del manoscritto originale si sono perse
le tracce. Michele Amari ovviamente se ne serve e riduce in RAHL il RACEL
che si trova nel punto in cui si parla della conquista dell’agrigentino e che
potrebbe riguardare proprio il nostro paese: Racalmuto.
In effetti il Malaterra parla di undici castelli nei
dintorni di Agrigento conquistati dal conte Ruggero «.. Unde et usque ad undecim -
scrive il monaco - aevo brevi subjugata
sibi alligat, quorum ista sunt nomina» In altri termini, il Conte in breve
tempo riesce a conquistare fino ad undici villaggi, i cui nomi sono: «Platonum,
Missar, Guastaliella, Sutera, Racel ..,
Bifar, Muclofe, Naru, Calatenixet, [che nella nostra lingua significa
“Villaggio delle donne”], Licata, Remunisce».
Tra Sutera. Bifara, Milocca, Naro e Caltanissetta,
quell’incompleto “Racel....” potrebbe essere proprio Racalmuto: una delle
undici località note al cronista del conte Ruggero. Ma il limite di mera congettura, resta.
L’evanescenza di un centro abitato a Racalmuto, dopo
la conquista normanna, si protrae nel tempo. Neppure, per i primi decenni del
secolo XII, ai tempi del geografo Edrisi, si ha la prova certa della sua
esistenza. Commettendo, forse, un’altra appropriazione indebita, potremmo
accaparrarci di un passo dell’opera di quel geografo e collegare una delle
località descritte dall’ Edrisi, Gardutah,
con Racalmuto (come se si trattasse di una corrotta trascrizione del fonema
dialettale "Racarmutu"). Era
questo «un grosso casale e luogo popolato, con orti e molti alberi e terreni da
seminare ben coltivati» (v. EDRISI, Nuzhat ’al Mustaq fi ihtiraq ’al
afaq [Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo] - Testo e traduzione a cura di
Amari-Schiapparelli - Accademia dei
Lincei, Roma, 1883, pag. 47). Il contesto ben si addice a Racalmuto. « Da
Sciacca a Platano corrono diciassette miglia - il fiume Platano vi scorre a
levante. Da Platano [si va] a Gardutah
[che sta] a levante [....] A tramontana di Gardutah è Sutir (comune di Sutera)
[...] Da Sutera a Gardutah si
contano nove miglia ..» Nelle vicinanze sembra debbasi collocare ’al Minsar che
Amari finisce col situare - dopo tante perplessità - «a Castrofilippo o nei
dintorni, piuttosto che a Montedoro, dove l’[aveva notato] nella Carte
comparée ..». Pertanto, aveva forse
ragione Eugenio Napoleone Messana ad individuare nel Castelluccio proprio
l’edrisiano ‘al Minsar.
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