Don Vincenzo D’Averna
Ci sembra
un parente dell’arciprete d. Gerlando D’Averna, ma non abbiamo prova alcuna ove
si eccettui una qualche singolare coincidenza. Sicuramente non era racalmutese.
E’ cappellano della matrice a partire dal luglio del 1571. I salti della
documentazione parrocchiale ci impediscono di sapere sino a quando operò
assiduamente. Comunque, stando agli atti di battesimo disponibili, nel
successivo periodo che decorre dal 6.11.1575 sino al 21.5.1576 è il sacerdote
officiante in n.° 76 funzioni battesimali. Dopo quella data non lo s’incontra
più, ma vanno tenute presenti le interruzioni che si riscontrano per quel periodo
nell’archivio della matrice. Don Vincenzo D’Averna non appare nel “liber” della
parrocchia: ovviamente già nel 1636 si era perso il ricordo di quel cappellano.
Don Giuseppe D’Averna
Appare per la prima volta in un atto notarile
della confraternita di S. Maria Inferiore del 31 agosto 1578:
Terrae Racalmuti Die xxxi° augusti vj ind. 1578. -
Notum facimus et testamur quod Reverendus pater Joseph d’Averna cappellanus,
Antoninus de Acquista; Jo Grillo et Vincentius Macalusio rectores
venerabilis ecclesiae Sanctae Mariae
Inferioris ...
Nel 1580 fa
da padrino di battesimo a Vincenza Stincuni:
14 2 1580
Vincentia di Gerlando Stincuni e
Angela; lo q. don Joseph di Averna la q.
Betta la Carretta'.
E’ poi
assiduo come cappellano sino alla data della sua morte che il ‘Liber’ segna
sotto la data del 26 ottobre del 1600 (Liber in quo adnotata .. cit. col. 1.
n.° 13). Una malcerta annotazione sembra
indicarlo come Vicario Foraneo, ma è indizio troppo dubbio per essere certi che
abbia ricoperto tale importante carica. Comunque è presente nei battesimi dei
figli degli ottimati locali come quello di
3 7 1598 Margarita donna di Geronimo don Russo
e di donna Elisabetta Del Carretto, per don Gioseppe d'Averna; patrini Vinc.
Piamontese et soro Gioanna Piamontese
Elisabetta
del Carretto era figlia di Giovanni del Carretto, conte di Racalmuto e di donna
Caterina de Silvestro. Ella fu legittimata il 12 novembre del 1587, come emerge
dall’esordio del seguente atto regio:
(1587, 12 novembre)
Philippus etc.
Vicerex et gen:lis Capitaneus in h:
S: R: D: D: Elisabeth del Carretto fid: reg: D.S.
Solitum est Principis et illius
vicem gerentis gratiam et favorem legitimationis suis ... subditis
cum itaque vos predicta d: Elisabetha nata et procreata estis ex Ill.re
d: Joanne del Carretto comite Regalmuti uti coniuncto cum nobili d: Catharina
de Silvestro et sic illicito toro egeatis, propterea huiusmodi legitimationis
beneficio et gratia munificentia gratiose decorari atque investiri
supplicationi dicti ill. genitoris vestri benigne inclinati, considerantes
dignum esse et rationi consone et quae parentum culpa et naturalium defectum
impediuntur, per principem ligitimationis beneficio reparentur; et super eo
favor regius largiatur, providimus ad relationem Sp: Reg: Conservatoris Jo:
Francisci Rao J.P. die 20 Julij XV: Ind. 1587. Concedatur circa
prejudicium monentium ab intestato, tenore igitur presentium de certa nostra
scientia, motu proprio deliberato et consulto et de gratia speciali regiaque
auctoritate qua fungimur in hac parte et regiae postestatis plenitudinem legibus absolutam qua uti
colimus, ac si motu proprio inducemur, vos predicta d: Elisabetham ex inonesto
et illicito coito legitimamus et ipsius legitimationis beneficio et privilegio
decoramus et insignimus, etiam habilitamus ad omnia et singula legitima
successione hereditatis et ad omnes onores omnesque dignitates si ex legitimo
toro nata et procreata esses, et succedatis et succedere possitis, et valeatis
pleno jure omnibus et quibuscumque juribus de bonis paternis et maternis,
mobilibus et stabilibua, sese moventibus allodialibus quibscumque etiam
nominibus debitorum acquisitis et acquirendis de praesenti, praeterito et
futuro in testamento, sive ab intestato, seu aliquoquocumque jure, tutulo,
ratione, actione, seu causa et successione et dictis vestris parentibus, ac
etiam admitti possitis et valeatis ad quamcumque aliam successionem omnium et
quorumcumque aliorum superiorum et inferiorum ascendentium et descendentium, ac
transversalium, fratruum, consobrinorum et aliorum quorumcumque tuorum ex
testamento et ab intestato et ad quamlibet aliam ultimam voluntatem etiam ea
donatione et quacumque alia ratione, sive successione, titulo, jure sive causa,
directe vel indirecte tamquam legitima et legitimata.
Giovanni
del Carretto, fa sposare la figlia, attorno al 1590, con il nobile Girolamo
Russo. Costui figura come governatore del castello di Racalmuto nell’ultimo
scorcio del secolo. Un’eco affiora in certo carteggio scambiato tra il vescovo
di Agrigento Horozco Covarruvias e la Santa Sede, come si è visto nello
stralcio di un documento vaticano sopra riportato.
Clerico Blasi Averna
Tra il 1579
ed il 1581fa capolino negli atti parrocchiali tal Clerico Blasi Averna. Di lui
non fa menzione il “Liber”: era dunque sparito persino dal ricordo nel 1636.
Nel rivelo del 1593 figura tal Blasi Averna, ma è un ragazzo di 22 anni che
vive con la madre Vincenza nel quartiere di S. Giuliano: non ha dunque nulla a
che vedere con il chierico in questione. Costui sposerà nel gennaio del 1601
Agata Mastrosimone, come da seguente trascrizione della Matrice:
7 1 1601 Averna
Blasi di Antonino q.am e di Vicenza q.am con Mastro Simuni Gatuzza di Nicolao
q.am e di Francesca; testi: Muntiliuni cl. Jac. e Gulpi Antonino: Benedice il
sac.Macaluso Jo:
Don Monserrato d’Agrò.
Compare come cappellano della Matrice attorno al 1579,
agli esordi dell’arcipretura Romano, e la sua missione sacerdotale, in
subordine all’arciprete, dura sino al 1594. Sotto la data del 30 aprile 1595 lo
incontriamo negli atti della chiesa di S. Maria di Gesù, di cui è divenuto
cappellano. Nel coevo atto di assegnazione di un’onza di reddito da parte dei
fratelli Vincenzo e Giacomo d’Agrò per avere in cambio la concessione di
sepoltura nella medesima chiesa, don Monserrato d’Agrò fornisce il suo
benestare nella cennata veste di cappellano:
Praesente
ad haec omnia et singula praesbyter Monserrato de Agrò, mihi etiam notario
cognito et stipulante pro dicta ecclesia uti eius cappellano et se contentante
de praesente attu et omnibus in eo contractis et declaratis et non aliter.
Ma negli ultimi
giorni di agosto dell’anno successivo è già infermo e si accinge a fare
testamento. Il suo attaccamento alla chiesa di S. Maria di Gesù è tale da
presceglierla quale luogo della sua tumulazione. A tal fine assegna una rendita
annua di un’onza e 3 tarì.
In un atto della chiesa del 12 settembre 1596 viene
formalizzato il contratto di concessione in termini che sono uno spaccato del
vivere civile e religioso dei racalmutesi dell’epoca. Per questo lo
riportiamo pressoché integralmente in
appendice.[i]
Sappiamo dal rivelo del 1593 che a quel tempo il
sacerdote aveva 45 anni. Era nato dunque attorno al 1548. Muore giovane,
all’età di 48 anni. Abitava, apparentemente da solo, nel quartiere della
Fontana come da questa nota del rivelo del 1593:
3 149 AGRO' (DI) PRESTI MONSERRATO [Sac:]
CAPO DI CASA DI ANNI 45
La cappella desiderata da don Monserrato sorse nella
chiesa di S. Maria vicino a quella di S. Maria dell’Itria e di fronte all’altra
ove era raffigurata l’immagine di S. Francesco di Paola (intus dictam ecclesiam Sanctae Mariae Majoris prope Cappellam Sanctae Mariae Itriae in
frontispicio cappellae Imaginis Sancti Francisci de Paula...). Risulta che
questa fu dedicata a S. Michele Arcangelo ( nell’atto del 1604 si parla,
infatti della dote Cappellae Sancti
Michaelis Arcangeli condam presbiteri Monserrati de Agrò).
Per quel che ci dice il Rollo della confraternita di
S. Maria di Gesù, don Monserrato aveva almeno quattro nipoti di cui si ricorda
nel testamento:
Est
sciendum quod inter alia capitula donationis causa mortis facta per condam don
Monserrato de Agrò Paulino, Natali, Joseph et Joannelle de Agrò eius nepotibus
est infrascriptum capitulum tenoris ....
[ii]
Il nipote Paolino d’Agrò risulta figlio di quel Simone
d’Agrò che approvò la transazione feudale con il conte Girolamo del Carretto
nel 1581 (è il 229° dei presenti nella chiesa maggiore di Racalmuto che diedero
l’assenso il giorno 15 gennaio 1581). Don Monserrato si limiterà ad apporre la
sua firma come teste. [iii]
I primi cappellani:
1. don Vincenzo Colichia;
2. don Antonino La Matina;
3. don Dionisi Lombardo;
4. don Antonio Castagna.
Il più
antico quinterno di atti battesimali della Matrice è composto di n.° 26
colonne. In alcune parti è indicata la data del 1554 (ad esempio 24 di augusto
1554 o die Xbris 1554) in altre 1563
(adi 9 januarii 1563) ed in altre ancora 1564 (junii VII ind. 1564). Non
è facile districarvisi. A noi comunque sembra che le date sia apocrife,
aggiunte successivamente. In effetti il fascicolo dovrebbe essere datato
1563-64, settima indizione anticipata.
Vi vengono
segnati i sacerdoti che celebrano il battesimo. Sono costoro i cappellani della
Matrice (operante nella chiesa di S. Antonio). Non riscontriamo mai la presenza
dell’arciprete (né don Gerlando d’Averna, né quello che si considera il suo
predecessore, don Tommaso Sciarrabba
(“Arciprete e canonico della cattedrale di Girgenti anno 1553”, annota il Liber
citato, c. 1 n.° 2).
I
cappellani officianti risultano:
1. don Vincenzo Colichia;
2. don Antonino La Matina;
3. don Dionisi Lombardo;
4. don Antonio Castagna.
La maggior
frequenza si registra per don Vincenzo Colichia e per don Dionisi Lombardo.
Entrambi vengono segnati con il titolo di “presti” (prete). Di nessuno di loro si fa il più vago cenno
nel “Liber”. Nella successiva documentazione del 1570/71, riappare soltanto il
cappellano don Antonino La Matina.
I cappellani del periodo successivo (1570/1571):
1. Don Vincenzo d’Averna;
2. Don Jo Cacciatore;
3. Don Antonino D’Auria;
4. Don Giuseppe Garambula;
5. Don Antonino La Matina;
6. Don Filippo Macina.
E’ il
periodo centrale dell’arcipretura di don Gerlando D’Averna che spesso presiede
alla funzione battesimale. Su don Vincenzo d’Averna ci siamo già
abbondantemente soffermati. Abbiamo pure accennato a don Antonino La Matina,
presente negli atti del periodo precedente del 1564 (o giù di lì). Sul D’Auria,
Cacciatore e Garambula non disponiamo di altri dati. Fra tutti questi
cappellani, il solo ricordato dal Liber è don Filippo Macina (c. 1 n.° 8). Stando ai cognomi, il D’Auria, il La Matina e
Jo Cacciatore possono essere stati benissimo indigeni. Il Macina ed il
Garambula appaiono oriundi.
I cappellani del periodo 1575/76
1. Don Vincenzo d’Averna;
2. don Lisi Provenzano.
I salti
della documentazione disponibile ci portano a questa quarta indizione
anticipata (1575/76). I battesimi vengono ora suddivisi solo tra il d’Averna ed
il Provenzano. Su entrambi ci siamo dilungati in precedenza. Arciprete di
Racalmuto è ancora don Gerlando d’Averna
I cappellani del periodo 1579/1582:
1. Don Michele Abate;
2. Don Monserrato d’Agrò;
3. Don Lisi Provenzano;
4. Don Giuseppe d’Averna.
Nei
fascicoli dei battesimi del 1579 appare segnato come arciprete Don Michele
Romano, dottore in sacra teologia (S.T.D.). Nel Liber vengono citati Abbate
(n.° 24), Monserrato d’Agrò (n.° 7) , Giuseppe d’Averna (n.° 13) e naturalmente
l’arc. Romano ( n.° 4). Il Provenzano è segnato come diacono (n.° 18) non si sa
se per errore o perché c’era veramente un diacono Luigi Provenzano morto il 20
luglio 1600.
I cappellani del periodo 1583/84:
1. Don Monserrato d’Agrò;
2. Don Francesco Nicastro;
3. Don Paolino Paladino;
4. Don Lisi Provenzano.
Arciprete
del tempo è don Michele Romano che appare in qualche battesimo. Rispetto al
precedente periodo appaiono per la prima volta don Francesco Nicastro e don
Paolino Paladino: entrambi sono annotati nel Liber, ma senza alcun altro dato
all’infuori del nome e cognome.
I cappellani del periodo 1584/1594:
1. Don Monserrato d’Agrò;
2. Don Vito Alongi;
3. Don Giuseppe d’Averna;
4. Don Leonardo Castellano;
5. Don Angelo Dardo;
6. Don Filippo Macina;
7. Don Francesco Nicastro;
8. Don Paolino Paladino;
9. Don Leonardo Spalletta.
Don Filippo
Macina fa una breve apparizione fra il maggio e l’agosto del 1591. Don Leonardo
Spalletta appare per la prima volta il 18.6.1592. Ritorna sporadicamente d.
Giuseppe d’Averna nel 1585 e nel 1593.
Dal 20 giugno 1593 comincia la sua missione sacerdotale come cappellano della
matrice don Leonardo Castellano, appena consacrato prete (3 Aprile 1593). Don Angelo Dardo inizia il 3.8.1590 il suo
compito di cappellano della matrice. D. Francesco Nicastro è assiduo
nell’intero decennio. Dal 1° settembre 1586 sino alla conclusione del periodo
sotto esame, il cappellano maggiormente presente nei battesimi è don Paolino
Paladino.
I cappellani a fine secolo:
1. Don Vito Alongi;
2. Don Giuseppe d’Averna;
3. Don Giovanni Macaluso;
4. Don Leonardo Spalletta.
A ridosso
del secolo troviamo altri cappellani come don Baldassare Farrauto, di cui non
sappiamo però nulla a far tempo dal 18.8.1596 e don Francesco Nicastro di cui
abbiamo notizie sino al 1597. L’arc. Michele Romano era nel frattempo morto (28
luglio 1597). L’arcipretura di d. Alessandro Capoccio dura pochissimo: dal 16
luglio 1598 a parecchi mesi prima del 7 merzo 1600, data dell’insediamento del
suo successore don Andrea d’Argomento.
I cappellani all’inizio del 1600
1. Don Vito Alongi,
2. Don Giuseppe d’Averna;
3. Don Giovanni Macaluso;
4. Don Leonardo Spalletta.
Il 7 marzo
1600 s’insedia il nuovo arciprete don Andrea d’Argumento e sappiamo con certezza
che già il 15 ottobre 1600 è presente in Racalmuto (cfr. atti di battesimo).
Tutti i cappellani d’inizio secolo sono ovviamente gli stessi che operavano
alla fine del ‘500. Il più anziano fra
loro è don Giuseppe d’Averna che sappiamo essere deceduto il 26 ottobre
1600.
Gli altri sacerdoti del ‘500
Il citato
“Liber in quo sunt adnotata ...” elenca sacerdoti del ‘Cinquecento di cui non
sappiamo null’altro all’infuori di quanto segnalato nel 1636 dal sac. Paolino
Falletta. Ne trascriviamo i dati:
Cognome e nome
|
note
|
col.
|
n.°
|
Alberto (d’)
Giovanni
|
Arciprete di
Raffadali
|
1
|
22
|
Alberto (d’)
Giuseppe
|
Arciprete
|
1
|
15
|
Amodeo
Leonardo
|
|
1
|
9
|
Bertuccio
Leonardo
|
|
1
|
12
|
Calcèra
Geronimo
|
|
1
|
14
|
La Mattina
Stefano
|
|
1
|
6
|
Alla fine
del XVI secolo ed all’inizio del successivo appare spesso un chierico Giuseppe
o Simuni d’Alberto che forse è da identificare con quello del Liber, sempre che
sia stata fatta qui una qualche confusione tra il chierico e l’arciprete di
Raffadali.
Don Giuseppe Romano
Annotato
nel Liber (c. 1 n.° 17) si riscontra solamente in questa nota a margine del
libro parrocchiale delle trascrizioni dei matrimoni 1582-1600:
Die 24 ottobris Xa ind.s 1597, mi detti lu
cunto don Leonardo Spalletta delli sponczalicii a mia don Joseppi Romano come
procuraturi di mons.r ill.mo.
L’arc.
don Michele Romano era morto solo da poco tempo (28 luglio 1597). Che vi sia un
qualche vincolo di parentela, è congetturabile.
Arciprete Michele Romano
Ha tutta
l’aria di essere il primo arciprete d’origine racalmutese. Insediatosi attorno
al 1579, succede a don Gerlando d’Averna. Muore il 28 luglio 1597, prossimo al suo ventennio di
arcipretura. Ebbe forse ad acquisire un discreto patrimonio, fatto sta che il
vescovo Horozco intenta una lite al conte del Carretto per rivendicare i beni
successori del defunto arciprete Romano. Il Vescovo ne fa cenno in una sua
difesa inviata al Vaticano, ove fra l’altro si legge:
« [.....]Il detto Conte di Raxhalmuto per respetto che s’ha voluto occupare la
spoglia[1] del arciprete morto di detta sua terra facendoci far
certi testamenti et atti fittitij, falsi et litigiosi, per levar la detta
spoglia toccante à detta Ecclesia, per la qual causa, trovandosi esso Conte
debitore di detto condam Arciprete per diverse partite et parti delli vassalli
di esso Conte, per occuparseli esso conte, come se l’have occupato, et per non
pagare ne lassar quello che si deve per conto di detta spoglia, usao tal
termino che per la gran Corte di detto Regno fece destinare un delegato
seculare sotto nome di persone sue confidenti per far privare ad esso exponente
della possessione di detta spoglia, come in effetto ni lo fece privare, con
intento di far mettere in condentione la giurisditione ecclesiastica con lo
regitor di detto Regno. »
A
distanza di secoli non è facile sapere chi avesse ragione. Di certo, il Romano
durante la sua vita non si mostra contrario ai Del Carretto. Sul punto di morte
è persino propenso a favorire il conte facendogli - a dire del vescovo - «certi testamenti et atti fittizij,
falsi e litigiosi».
L’arciprete
Romano deve vedersela con il primo conte di Racalmuto, Girolamo del Carretto -
divenuto tale nel 1576 - e, dopo il 9 agosto 1583, con il successore,
l’avventuroso Giovanni Del Carretto, che finirà trucidato a Palermo il 5 maggio
1608. Entrambi furono però signori di Racalmuto che amarono starsene a Palermo.
L’arciprete Romano ebbe a che fare più con gli amministratori comitali, quali
Cesare Del Carretto e Girolamo Russo, che non con gli altezzosi titolari. E
l’intesa sembra essere stata buona, anche quando si trattò di stabilire, nel
1581, oneri e tributi di vassallaggio.
Quando
scende a Racalmuto un parente dei Del Carretto per battezzare il figlio di un
personaggio eccellente, in quel tempo operante nella contea, l’arc. Romano è
ovviamente presente:
“Adi 9 marzo VIe Indiz. 1593 Diego
figlio del s.or Gioseppi e Caterina di VUO fu batt.o per me don Michele Romano
archipr.te - il Compare fu l'Ill'S.or Don Baldassaro del CARRETTO - la Conbare
l'Ill'S.ora Donna Maria del Carretto''
In
ogni caso, nei raduni del popolo, chiamato ad avallare gravami tributari,
l’arciprete si mantiene, almeno formalmente, al di sopra delle parti e non
appare neppure come teste.
Arciprete Alessandro Capoccio
Il
Vescovo Horozco lo nominò arciprete di Racalmuto nell’estate del 1598. Il
Capoccio aveva vari incarichi presso la Curia Vescovile di Agrigento e non
aveva tempo di raggiungere la sede dell’arcipretura: mandò due suoi
rappresentanti, muniti di formalissimi
atti notarili. Presso la Matrice può leggersi questa nota apposta al
margine di un atto matrimoniale:
«DIE 16
Julii XIe Indi.nis 1598: ''Pigliao la possessioni don Vito BELLISGUARDI et don
Antonino d'AMATO (?) procuratori di don Lexandro Capozza p. l'arcipretato di
Racalmuto come appare per atto plubico''.» (cfr. Atti della Matrice:
STATO DI FAMIGLIA - M A T R I M O N I - 1582-1600 )
Tre
anni prima, don Alexandro Capocho era stato inviato a Roma, al posto del
Covarruvias, per presentare la prima relazione 'ad limina' dei Vescovi di
Agrigento al Papa[2].
Nell'atto di delega del 12 settembre 1595 "Don Alexandro Cappocio' viene
indicato come "Sacrae theologie
professor eiusque [del vescovo] Secretarius”.
In
Vaticano si conserva il processo concistoriale di quel vescovo (Archivio
Vaticano Segreto - Processus Concistorialis - anno 1594 - vol. I - (Agrigento)
- ff. 30-62.). La testimonianza del Capoccio è, a dire il vero, schietta e per
niente compiacente (f. 36v e 37).
Sintetizzando
e traducendo dallo spagnolo ricaviamo questi dati:
«Depone
il dottor Don Alexandro Capocho, suddiacono naturale del Regno di Napoli e
residente per il momento in questa
corte. Egli testimonia che conosce il detto signor Don Juan de Horoczo y
Covarruvias di vista e solo da due mesi, poco più poco meno, e di
non essere né familiare né parente dell’ Horozco».
Salta quindi ben dodici domande che attenevano
alle origini ed alla vita del futuro vescovo. La sua testimonianza è quindi
molto minuziosa sulla Cattedrale di Agrigento (circostanza che non ci pare qui
conferente). ‘Conosceva piuttosto bene Agrigento per esservi stato due anni,
poco più poco meno’.
Per quanto
tempo il Capoccio sia stato arciprete di Racalmuto, s’ignora. Sappiamo che
subentrò l'Argumento, nominato nel marzo del 1600.[3] Quel che
appare sicuro è che l’arciprete Capoccio non fu presente in alcun atto di
battesimo o nella celebrazione di un qualsiasi matrimonio nella parrocchia
racalmutese di cui per un biennio fu titolare. A sostituirlo nelle incombenze
pastorali fu di certo don Leonardo Spalletta, il cappellano di cui gli atti
parrocchiali testimoniano zelo ed assidua presenza.
LA FINANZA LOCALE A CHIUSURA DEL XVI SECOLO.
E le tasse comunali? Una
testimonianza preziosa e piuttosto completa ce la fornisce proprio il Rivelo
del 1593. Recita il documento: [4]
« [f. n.° 807] Praesentant Ragalmuti die XI Julij V ind. 1593 [...]
Rivelo Ragalmuto
.. presentato allo spettabile Natalitio Buscello in virtù di bando promulgato
d’ordine di detto spettabile delegato.
Stabili
In primis la gabella dello pane et foglie: lo pilo,
vino, formaggio, panno, la ligname,
pesci e sono affittate questo anno onze quattrocento sesanta che a
ragione de dieci per cento sono onze quattromilia e seicento........................................................................................................................................-/
4.600
stabili onze quattromilia sei cento
..............................................................................................
-/ 4.600
Gravezze
Nota: Paga
ognie anno alli Sindicaturi onze quindici; il capitale sono onze
centocinquanta: a dieci per
cento..........................................................................................................................................
-/ 150
Paga ognie anno per salario dello orloggio, oglio et conci onze dodici:
il capitale
sono
centovinte.........................................................................................................
-/ 120
e anno per salario dello mastro notaro et carta per le ocurentie onze
dieci: il capitale son onze cento
.........................................................................................................................................
-/ 100
Paga ognie anno per spese de bagaglie de cumpagnia
onze trenta:
il capitale son
onze
tricento.........................................................................................................-/ 300
Paga ognie anno per salario di procuratori per
occorentia apresso la Corte onze dudici:
il capitale sono cento vinte
.........................................................................................................
-/ 120
Paga ognie anno alla Regia Corte onze
tricentosettantaquattro, tarì tridici e grana quattro a dieci per cento sono
onze tremila setticento quaranta quattro
.................................................................... -/ 3.744
Paga ognie anno onze sei per lo pagamento della Regia
Corte in tre tande onze sei; il capitale sono onze sesanta
........................................................................................................................................
-/ 60
Paga ognie anno a don Loise Mastro-Antonio di Palermo onze vinteotto e
tarì dicidotto a ragione de dieci per cento: il capitale sono onze duecentoottantasei
............................................................. -/ 286
GRAVEZZE QUATTROMILIA OTTO CENTO OTTANTA
................................................... -/ 4.880
INTROITO ONZE QUATTROCENTO SESANTA
.................................................................. -/ 460
ESITO ONZE QUATTROCENTO OTTANTA OTTO TARI' UNO E GRANA
QUATTRO... -/ 488.1.4
RESTA DI GRAVEZZE OGNIE ANNO ONZE VINTE OTTO TARI' UNO
E GRANA QUATTRO.... ................................................................................................................................................-/ 280.1.4
che a dieci per cento dette onze vinte otto tarì uno e
grana quattro a dieci per cento sono il
capitale onze duecento ottanta tarì undici
.............................................................................
-/ 280.11.0
------------
+ cola
macaluso. J[uratus]
+ joseppi
cachaturi. [Juratus]
+ antonino
vilardo J:[uratus]
+ notar
giseppi sauro e grillo __ J[uratus].
Gli ottimati di Racalmuto nel rivelo del 1593.
I giurati di Racalmuto allo
spirare del secolo XVI sono dunque:
1. Nicolò
Macaluso: ha 45 anni; abita nel centro del paese, al 159° fuoco del quartiere
di S. Giuliano; la moglie si chiama Francesca ed è coadiuvata nei servizi di
casa da Dora una “citella di casa”; non ha figli che coabitano con lui;
2. Giuseppe
Cacciatore: ha 42 anni e viene fregiato con il titolo di “magnifico”; abita al
quartiere Fontana al 226° fuoco; la moglie si chiama Giovannella: convivono con
lui quattro figli: Giuseppe di anni 11 e le femminucce Caterina, Franceschella
e Contessella;
3. Giuseppe
Vilardo: ha 30 anni ed anche lui viene fregiato con il titolo di “magnifico”;
abita al quartiere Fontana al 76° fuoco; la moglie si chiama Giovannella:
convivono con lui sei figli: Giuseppe di anni 9 e le femminucce Franceschella, Costanza, Innocenza,
Angela e
Fania [Epifania];
4. il notaio
Giuseppe Sauro e Grillo: ha solo 25 anni ed è sposato con Antonella: non ha
figli; professionalmente si affermerà molto; frattanto abita al quartiere di S.
Giuliano al 167° fuoco; si era sposato a
Racalmuto il 20 settembre 1592 appunto con
Antonella Magaluso e le nozze erano state benedette da don Francesco
Nicastro: compari, il sac. don Paolino Paladino e il maggiorente Giovan
Francesco d’Amella. Abbiamo l’impressione che il Sauro e Grillo non fosse
racalmutese: il matrimonio con una locale gli poteva consentire di installarsi
nel feudo dei Del Carretto per una esplosiva carriera ed una fortunata
professione notarile.
Sono chiamati a fungere da
delegati per il Rivelo conformemente ai criteri che abbiamo in esordio
illustrati:
per il principale e più popoloso quartiere di Santa Margaritella:
· Martino di
Messina: ha 35 anni circa; abita al quartiere Fontana al 29° fuoco; la moglie
si chiama Catherinella ed ha un figlio di otto anni;
· Vincenzo di
Amella Pridicaturi: ha 40 anni; abita al quartiere Santa Margaritella al 369°
fuoco; la moglie si chiama Biatricella; ha tre figli maschi: Giuliano di anni
9, Giuseppe di 6 e Diego di un anno, ed una femminuccia, Jurla [Gerlanda];
per il quartiere di San Giuliano:
· Giovanni
Antonio Sferrazza: secondo noi risiedeva al quartiere Monte di cui, come detto,
non abbiamo il quinterno di dati demografici;
e per il quartiere della Fontana:
· Giovan Cola
Capoblanco;
· Natale
Castrogiovanni;
· Pietro
Bellomo.
Di questi tre personaggi non
abbiamo notizie certe: dovrebbero tutti e tre abitare al quartiere Monte.
Chiese, quartieri e facoltà nel rivelo del 1593.
I ponderosi volumi del
rivelo del 1593 non possono essere tutti minuziosamente setacciati, se non da
una squadra di studiosi e con rilevanti mezzi economici. Dobbiamo quindi
accontentarci di alcuni sommari cenni.
A quell’epoca la terra di
Racalmuto era idealmente segnata da un sistema di assi cartesiani in cui
l’ascissa era una linea ideale che dalla Guardia andava al Padre Eterno e
l’ordinata (che all’atto pratico era una sequela di strade tortuose) partiva
dal Carmine per giungere alla Fontana. Nel mezzo vi era di sicuro la chiesa di
Santa Rosalia (sicuramente in prossimità dell’attuale Collegio, ma a quale
punto non sembra che si possa individuare con certezza). In tale sistema la
parte sud-ovest costituiva il popoloso quartiere di S. Margaritella; quella di
sud-est il quartiere di S. Giuliano; l’altra di nord-est era la Fontana ed
infine il quartiere del Monte occupava la sezione di nord-ovest.
All’interno vi erano
località di spicco che negli atti ufficiali servivano per l’individuazione di
case e beni: faceva spicco il rione di Santa Rosalia che in effetti risultava
inglobato prevalentemente nel quartiere di San Giuliano ma una minima parte debordava
in quello di S. Margaritella. Santa Rosalia - che talora veniva chiamata S.
Rosana o S. Rosanna o S. Rosaria, non si capisce bene se per errata trascrizione
o per omonimia popolare o per la presenza nella chiesa di qualche altra
immagine della celeberrima Vergine Sinibaldi - ospitava tanti personaggi
cospicui. Esclusivo appare anche il rione di S. Agata. Anche per dare un saggio
di come venivano censiti i patrimoni delle famiglie (fuochi), vogliamo qui
dilungarci un po' fornendo la successiva
tavola[5]:
n.°
|
anno
|
quartiere
|
rivelante
|
composizione familiare
|
descrizione
|
confini
|
note
|
riferimenti
|
1
|
1593
|
Fontana
|
Lo
Nobili Orazio a. 36
|
Filippella
m.; Marco a. 12; Francesco a. 4; Betta
|
casa
|
|
Fontana
(quartiere)
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
2
|
1593
|
S.
Agata
|
Agrò
(d') Giuseppe a. 33
|
Maria
m.; Giovanni mesi 4
|
Ugo
signor Giuseppe; Chiesa di S. Agata e via pubblica
|
casa
confinante con la chiesa di S. Agata
|
fasc.
597 1593
|
|
3
|
1593
|
S.
Agata
|
Agrò
Pietro a. 70
|
Catarina
m.
|
|
|
|
fasc.
597 1593
|
4
|
1593
|
S.
Agata
|
Gueli
Antonino a. 43
|
Margarita
m.; Marco a. 13; Juannella; Jacopa; Betta sogira
|
La
Licata Nardo e Sanguineo Masi
|
fasc.
597 1593
|
||
5
|
1593
|
S.
Agata
|
Randazzo
Antonino
|
Juannella
m.; Geronimo a. 12; Margarita; Bartula; Santa
|
Ugo
Giuseppe
|
fasc.
598 1593
|
||
6
|
1593
|
S.
Agata
|
Sanguineo
Masi a. 48
|
Beatrice
m.; Jacopo a. 20; Gaspare a. 13
|
2
corpi e cortiglio
|
Gueli
e via
|
|
fasc.
597 1593
|
7
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Alajmo
Pietro dott. Medico a. 40
|
Francesco
a. 9; Giuseppe a. 5; Marco Antonio a. 2; Caterina
|
1
tenimento di casi in diversi corpi
|
Lo
Brutto Antonino
|
onze
30
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
8
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Arrigo
(d') Geronimo a. 56
|
Angela
m.; Vito figlio a. 8
|
1
casa terrana
|
Macaluso
Pietro
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
|
9
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Barberi
Joanni a. 45
|
Antonina
moglie
|
|
Noto
(di) Marino
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
|
10
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Collura
(la) soro Antonina
|
Antonella
sua nipote
|
2
casi
|
Di
Lio Francesco
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
|
11
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Fanara
Francesco a. 28
|
Antona
moglie
|
casa
terrana
|
Afflitto
(d') Carlo
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
|
12
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Formusa
Gio: Antoni a. 24
|
Margarita
moglie; Lauria figlia
|
casa
terrana
|
Blundo
Gregorio e Morriali Giuseppe
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
13
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Giordano
Paulino a. 40
|
Antonina
moglie; Battista a. 13; Maria; Anna
|
casa
terrana
|
D'Anna
Pietro e ? (Maltisi ?) Antonino
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
14
|
1593
|
S.
Rosalia
|
La
Licata Caterinella
|
ved.
di Santo - Andria f. a. 16
|
una
casa terrana
|
Asaro
Gi.
|
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
n.°
|
anno
|
quartiere
|
rivelante
|
composizione familiare
|
descrizione
|
confini
|
note
|
riferimenti
|
16
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Lo
Re Paulo a. 45
|
Antonella
moglie; Cosimo a. 14; Antonino a. 8; Paulino a. 8; Petro a. 3; Filippa;
Francesca
|
casa
terrana
|
Macaluso
..
|
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
17
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Macaluso
Giuseppe a. 30
|
Giovannella
moglie; Vincenzo a. 11; Girolamo a. 6; Angelo a. 1
|
casa
|
Lo
Brutto Antonino
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
18
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Maligno
( Pro^geco ?) Filippo a. 50
|
Norella
moglie
|
casa
terrana
|
Lo
Re Paulo
|
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
19
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Modica
(di) Leonardo
|
Antonia
moglie; Francesco a. 3; Vincenzo a. 1
|
casa
terrana
|
Macaluso
Pietro
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
20
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Sanguineo
soro Joannella
|
casa
terrana
|
Brucculeri
Filippo
|
Vol.
598 1593 Inv. 83
|
||
21
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Taibi
Alissandro a. 40
|
Juanna
moglie; Vincenzo a. 14; Vincenza
|
una
casa in più corpi
|
confina con la chiesa (S. Rosalia)
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
22
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Taibi
Salvatore a. 20
|
Vincenza
moglie
|
casa
terrana
|
La
Lumia Simuni e via
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
|
23
|
1593
|
S.
Rosalia
|
Valentino
Jacopo a. 40
|
Paulina
moglie
|
casa
terrana
|
Macaluso
Pietro e via
|
Vol.
597 1593 Inv. 83
|
Dettagli del Rivelo del 1593.
Sembra fuor di dubbio che il
monaco benedettino Vito Maria Amico[6] ebbe tra
le mani, verso il 1750 il materiale del rivelo di Racalmuto del 1593. Nel suo
Dizionario topografico (la parte riguardante Racalmuto è riportata in appendice
al libro di Tinebra Martorana) l’Amico infatti annota: «Contaronsi nel tempo di
Carlo V 890 case, e 4447 cittadini nell’anno 1595», (secondo la traduzione del
Di Marzo). Una particolarità ci sorprende: del censimento sotto Carlo V (che
crediamo essere quello del 1548) l’A. ci fornisce il numero delle case (890) e
non quello degli abitanti, per quello del 1595 (per noi 1593) fa l’inverso
dandoci invece solo il numero degli abitanti. E dire che se l’Amico ebbe i due
volumi dell’Archivio di Stato di Palermo (il n.° 597 ed il n.° 598) sarebbe arrivato presto a quel
conteggio: bastava sommare il numero finale del primo volume delle numerazioni
dei fuochi con quello del secondo per avere l’esatto (o quasi) ammontare dei
fuochi di Racalmuto.
Il numero degli abitanti che
ci fornisce il d’Amico è di complessa quantificazione se ha proceduto ad un
analitico conteggio dei componenti dei nuclei familiari: se, invece, come
crediamo, disponeva del quinterno del quartiere Monte, in calce del quale è da
presumere esistesse già quel calcolo di sintesi, la fatica del benedettino fu
di poco conto.
Presso il Tribunale del Real
Patrimonio dell’Archivio di Stato di Palermo, all’apposito fondo dei Riveli,
possiamo rintracciare tre distinti gruppi di documenti che riguardano appunto
quello del 1593 fatto nella ‘terra’ di Racalmuto:
1. alle pagine
807r - 807v del vol. n.°
596 abbiamo lo spaccato della finanza locale sopra riportato;
2. allegati al
volume stanno i quinterni delle rilevazioni fatte dagli appositi deputati,
disgraziatamente limitati a solo tre dei quattro quartieri (visto che è stato
trafugato quello del Monte). A parte ci
diamo carico di farne la trascrizione;
3. in due
grossi volumi (n.° 597 e n.° 598) sono annotate le dichiarazioni che i
racalmutesi erano tenuti a fare dinanzi al “Delegato”, reiterando quanto già
direttamente (o tramite un loro familiare) avevano segnalato ai ‘deputati’ ed
aggiungendo dati sommari sulle loro possidenze. Va notato che ancora nel 1593
la ‘dichiarazione dei redditi’ non aveva la completezza che avrà poi nel XVII
secolo.[7]
Località e Rioni.
La suddivisione
amministrativa tra i deputati era in quattro quartieri: S. Margaritella, S.
Giuliano, Fontana e Monte. Nelle dichiarazione dei privati (rivelanti) e negli
atti notarili si faceva invece ricorso ad una ripartizione topografica alquanto
diversa che faceva sostanzialmente capo alle varie chiese e qualche volta alle
particolarità di alcuni luoghi. Non si trattava di veri e propri rioni, ma il
concetto vi rassomiglia molto. Abbiamo, così:
· il Carmine;
· S.
Margaritella;
· S.
Giuliano;
· S.
Leonardo;
· la Fontana;
· il Castello
(o Castrum);
· S.
Francesco;
· S. Nicola;
· la Cava;
· Santa
Maria;
· li Fossi;
· San
Gregorio;
· S.Antonio;
· la
Nunciata;
· il Monte
(lu Munti);
· lu Spitali
o S. Sebastiano o S. Bastianu;
· la Piazza
(o Platea);
· Santa
Rosalia;
· Sant’Agata;
· li
Bottighelle;
· Zagarano..
Molte di queste località si
estendevano in due e forse, come nel caso di Santa Rosalia, in tutti e quattro
i quartieri.
Centro topografico del paese
era Santa Rosalia - difficilmente collocabile con estrema decisione, ma
certamente - come detto - non lontano
dall’asse Itria-Collegio - che era quartiere ove stavano botteghe e le abitazioni
di alcuni ottimati locali (il padre di Marc’Antonio Alaimo, il dott. Pietro; i
Macaluso; i Taibi; i Lo Brutto; i Sanguineo; gli Afflitto, i Monteleone; i
Cacciatore; i Catalano e via dicendo). Ma il rione più esclusivo sembra quello
di S.Agata (gravitante sull’attuale via Rapisardi): vi abitavano i potenti
Piamontesi ed i nobili Ugo.
Molti militari stavano
invece al Monte. Non molte erano le case ‘solerate’ - quelle dei benestanti -
ma non rare: in cortili a grosso affollamento si ammassavano attorno le case
terrane (di norma un solo locale) ove
dimoravano i poveri.
Le maestranze riuscivano a
farsi soggiogare dalle potenti confraternite di appartenenza delle discrete
abitazioni. Le botteghe (c.d. Apoteghe)
erano in mano alle stesse confraternite
e venivano affittate con magniloquenti atti notarili ai propri confratelli.
Il castello - rimesso a
nuovo a metà del XV secolo dai Del Carretto, come abbiamo sopra visto - era in
piena efficienza: non vi stavano più i conti, ma vi erano alcuni loro stretti
parenti che gestivano la cosa pubblica come avvenne sotto i Russo il marito
della figlia spuria di Giovanni del Carretto.
Il Carmine era piuttosto
deserto: del tutto fuori dell’abitato si ergeva il Convento sotto l’egida dei
Del Carretto e con un valido priore padre Paolo Fanara. C’era anche un altro
carmelitano sacerdote: padre Roberto Costa. Ben sei coadiutori semplici frati
rendevano fertile la tenuta annessa. Costoro si chiamavano (e dal cognome
sembre che fossero tutti racalmutesi): Fra Salvatore Riccio; Fra Francesco
Sferrazza; fra Angelo Casuccio; fra Geremia Russo; fra Giuseppe Ragusa e fra
Zaccaria Riccio. Le rade case intorno erano ripartite tra il quartiere di S.
Margaritella e quello del Monte.
Rientravano totalmente nel
quartiere Monte i rioni dello Spitali (l’attuale S. Giovanni di Dio), di S.
Antonio, Zagarano e quello strettamente confinante con la chiesa. Vi
confluivano parzialmente quelli di S. Rosalia, della Nunciata e di San
Gregorio.
Erano annessi amministrativamente al quartiere della
Fontana le località di S. Agata, della Fontana vera e proprio, del Castello, di
San Francesco, di S. Nicola, di Santa Maria, delle Fosse e qualche frangia di
Santa Rosalia. Qualche abitante di San Gregorio viene incluso alla
Fontana.
Il nome della Nunciata
appare a cavallo tra Monte e Fontana.
Se nel 1540 quella
dell’Annunciata era una ‘ecclesiola’ e Sant’Antonio la chiesa principale; dopo
mezzo secolo le parti sembrano invertite. L’Annunciata non ha la grandezza
dell’attuale Matrice (che conseguirà nella seconda metà del Seicento) ma è già
abbastanza capiente con una ‘cupolona’, come recita un atto notarile del tempo.
Fino al 1608 S. Antonio era
ancora operante ma il suo ruolo era di molto scemato. Persisteva comunque il
toponimo che, come abbiamo detto, indicava una zona gravitante sul quartiere
del Monte.
Lo Spitale era operante nel
1593 quando ancora non era stato affidato ai Fatebenefratelli. Tale affidamento
avvenne un secolo dopo nel 1693[8] per opera
dell’ultimo Girolamo del Carretto. Ma godeva già di rendite. Tale Giovanna
Vigni aveva soggiogato all’Ospedale due case per tarì sei annui con atto del
notaio Gio: Vito d’Amella del 10 settembre 1585[9].
Giuseppe Gulpi gli aveva costituito
un’onza e 15 tarì di rendita sopra 9 salme di terra con vigne, stanze ed alberi nel fego della
Menta con due atti soggiogatori: uno del notaio Gacomo Damiano di Racalmuto in
data 24 ottobre 1551 e l’altro a rogito del notaio Nicolò Monteleone in data 29
dicembre 1582. [10]
Un altro atto di dotazione
dello Ospedale risale al 10 gennaio 1558, sempre a gli atti del notaio Giacomo Damiano. Risultavano incisi quasi due
secoli dopo “Santo Cristofalo, Vincenzo
e Marc’Antonio di Giglia e Isidoro Mulé Paruzzo”.
Nel 1693 ecco com’era
descritto il vetusto ospedale:
«Nella terra di Racalmuto vi
è un Spedale sotto titolo di S: Sebastiano che dall’antichità di esso non si ha
certezza della fondazione e perciò li Prelati ... [ed i Del Carretto] have dato
la cura ed amministrazione di detto Spedale, e sue rendite alli Deputati di
tutte le Chiese di detta terra, li quali, benché s’havessero impiegato à tutto
potere all’augumento di Esso, e suo servizio, per le molte occupazioni, e per
la poco prattica con esse somiglianti, l’Ammalati patiscono della loro salute
in tanto detrimento del publico di essa terra.»[11]
L’ospedale era peraltro
munito di “chiesa con giogali ed arnesi”.
Qualche immigrato di spicco.
Capitava che dalle vicinanze
venisse qualche persona di spicco per trovare moglie a Racalmuto. Ebbero così
inizio famiglie oggi fra le più significative del paese. Dal libro dei
matrimoni della Matrici estraiamo qualche esempio:
SAVATTERI (provenienza: Mussomeli)
“7 7bris XIIIe Ind.nis 1586 - Vincenzo figlio
di Vito et Angila Carlino cum
Margaritella figlio di Paulino et Belladonna SAVATERI dilla terra di
Mussumeli, servatis servandis et facti
li tri denunciatione inter missarum solenia
et observato l'ordine sinodali et consilio tredentino, non si trovando
inpedimento alcuno, contrassero matrimonio pp.ce in facie ecclesie et foro beneditti nella missa
celebrata per me presti Francesco
Nicastro, presenti li magnifici notari Cola et Gasparo Montiliuni et notaro
Jo:Vito D'Amella et di multa quantità di personj”.
BUSCEMI (provenienza: Agrigento)
“Die 6 di Jongno 1593 - Petro BUXEMI di la gitati di Jorgenti cum Margaritella figlia di Jacubo di Graci,
servatis servandis .... contraessiro
matrimonio pp.ce e foro benediti per me don
Paolino Paladino, presento presbiter Francesco di Nicastro, don Michele
Romano e multa quantità di agenti”.
SCHILLACI (provenienza: Cerami)
“Die 9 februarij 1591 - Vincenzo SCHILLACI di la terra di Cirami cum
Angila figlia di Calogiaro Savuso, servatis servandis ...., contrassiso
matrimonio pp.ce e foro beneditti per
don Paolino Paladino, presenti Paulino Buscarino et Antonino di Mole' et multa
quantità di genti”.
SCHILLACI (provenienza: Sutera)
“Die 21 di Jongno 1593 - Scipiuni Jngrao di li Grutti cum Joanedda
SCYLACHI di la terra di Sutera, servatis servandis e fatte le tri denunciationi
inter missarum solemnia, non si trovando
inpedimento alcono, contra essiro matrimonio pp.ce e foro beneditti per me don
Paolino Paladino, presenti clerico Jacubo di Avedda e multa quantità d'agenti”.
RIZZO (provenienza: Scicli)
“Die 30
Januarii 1600 - Antonino RICZO di la terra di Xicli cum Diana figlia di lu q.dam Minicu et
Margarita Muraturi, servatis servandis et facti li tri denunciationi inter
missarum solemniarum et observato l'ordini sinodali seu concilio tridentino,
non si trovando impedimento alcuno, contrassiro matrimonio publice et in facie
ecclesie foro benedicti per don Leonardo Spalletta, p.nti Filippo di Graci e
Francesco Furesta”.
BONGIORNO (provenienza: Gangi)
“Die 6 di ferbaro 1583 - Vicenso BONJORNO di Ganci con Contissa figlia
di Petro e Joannella di Antonuczo Caldararo di
Agro', a litre (lettera) di monsignore illustrissimo e reverendissimo di Jurgenti, servatis
servandis e facte li tre denunciaczioni, la prima a li 9 la 2a a li 16 e la
tercza a li 20 di Jnaro inter missarum
solemnia, non si trovando inpedimento
alcono contraessiro matrimonio pp.ce in facie ecclesie e foru benediti jn la
missa celebrata per me don Paolino Paladino, presenti lu magnifico Jacubo
Piyamontisi, lu magnifico Cola
Montiliuni, lu magnifico Marino Catalano e multa quantitati di agenti”
PIAZZA (provenienza: Mussomeli)
“Die 8 Januarii 1594 - Minico di
CHIACZA di la terra di Musumeli con Josepa di Vinciguerra, servatis servandis
..., contra essiro matrimonio pp.ce et foro benediti per me don Paulino Paladino, p.nti Mastro Francesco
Sachineo, clerico Jacubo d'Aveda e multa quantità di agenti”.
LO JACONO (provenienza: Aidone)
“Die XVo
Julii Xe ind.is 1589 - Mastro Masi La Iacono della terra di Daiduni cum
Lucretia figlia di Antonj et Hiaronima di Guarino, servatis servandis ....
contrassero matrimonio pp.ce in facie ecclesie e foro beneditti per presbiter
Leonardo Spalletta, p.nti Ioanni di
Vigna et Hieronimo Piruchio et multa
quantità di genti”.
Uomini e cose da segnalare.
A Racalmuto sono stanziati
come soldati di professione:
1. Salvo
(de) Mg. Ruggero, soldato anni 45, che abita al Monte;
2. Morriali
Antonino di Federico, soldato di cavallo, di anni 75, pure del quartiere Monte;
3. Buxemi
Currau anni 35, soldato, abitante anche lui al Monte;
4. Barberi
Petro anni 50; soldato cavallo, sempre del quartiere Monte;
5. Matina
(la) Gio, soldato di anni 70, residente nello stesso quartiere;
6. Morriali
Federico anni 40; soldato, vicino di casa;
7. Sferrazza
Mariano soldato di anni 22, che abita nel quartiere di S. Antonio.
In paese non è del tutto
ignota la schiavitù a fine del secolo XVI.
Il magnifico Giacomo Piamontisi di anni 44 e sua moglie Beatricella
tengono una “scava” nella loro abitazione di S. Agata.
La loro vicina Antonella La
Licata - un personaggio di grande risalto - ne emula il singolare rapporto di
schiavitù e tiene “Cristina sua serva seu scava” a tenerle compagnia nella sua
vedovanza del quondam Leonardo La Licata, ricchissimo per i suoi tempi.
Del resto a quei tempi anche
l’altezzosa donna Aldonza del Carretto teneva una schiava addirittura dentro il
convento che l’ospitava.
Sono invece ben 17 le
famiglie che possono permettersi una “citella”, una serva:
1.
AFFLITTO (D') CARLO MAGNIFICO
2.
AGRO'(DI) PETRO
3.
ALAIMO (DI) LU M.co
PETRO
4.
BALDUNI M.co FRANCESCO
5.
CATHALANO MICHELI
6.
CHICCARANO ANTONINO
7.
GUELI (DI) JOSEPPI
8.
GUELI (DE) GIUSEPPE DI
JORLANDO DI ANNI 29
9.
LA LOMIA JOSEPPI
10.
MACALUSO NICOLAO
11.
MACALUSO PETRO
12.
MONTILIUNI Not. Mco
COLA
13.
PAXUTA (LA) MATTHEO
14.
PROMONTORO BALDASSARE
LO S.r
15.
SALERNO JO:
16.
TODISCO Sp. ARTALI
17.TODISCO
Sra SALVAGIA
Sul finire del secolo
piuttosto diffuse sono le maestranze: abbiamo contato 52 mastri (il 4,11% dei fuochi). Non sono
tantissimi ma rappresentano sempre una discreta forza sociale, anche se “li
jurnatara” e li “burgisi” (per la gran parte contadini poveri) costituiscono la
massa della popolazione, Castrojoanne Racalmuti; dictorum actorum conservatorem collectione
salva.
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